Dizionario geografico fisico storico della Toscana (Emanuele Repetti, anno 1833)
CAMPI nel Val d’Arno fiorentino.
Grosso borgo, già castello, capoluogo di piviere, di Comunità e di Potesteria , nella Diocesi e Compartimento di Firenze.
Sono più popoli e borgate, la maggiore delle quali trovasi sulla ripa sinistra del fiume Bisenzio, dove fu il castello alla testa del ponte e lungo la strada Regia pratese, nel grado 28° 48’ di longitudine e grado 43° 49’ 5” di latitudine, 6 miglia toscane a ponente-maestro di Firenze, 4 a libeccio di Prato, 14 a levante di Pistoja.
La disposizione e riduzione agraria del terreno fornì alla contrada, come a tanti altri luoghi, il nome di Campi.
Questo nostro leggesi la prima volta in un privilegio di Carlo Magno a favore del monastero di S. Bartolommeo a Ripoli, già detto in Recavata, cui donò i saliceti di regia proprietà situati nel luogo di Campi.
Tal documento dà bastantemente a conoscere l’antica umidità e qualità paludosa del suolo intorno a Campi, dov’erano sino dal secolo VIII, e in parte sussistono tuttora pantani, piscine e profondi fossi reali sparsi di giunchi e di salci, siccome lo dimostrano i superstiti nomi di Padule, di Piscina e di Dogaia.
Vedere BROZZI.
Cinque sono le borgate in quei contorni che conservano il distintivo di Campi.
Una è quella di S. Cresci a Campi, la cui chiesa è rammentata in un istrumento dell’anno 866, spettante alla nobile famiglia Mazzinghi che ne ottenne il padronato, nell’anno 1111, insieme con le chiese di S. Donnino a Brozzi e S. Pietro a Lecore, comecchè S. Cresci a Campi in poter d’altri più tardi sia pervenuto.
Vedere CAMPI (S. CRESCI a).
Nella villa di S. Cresci a Campi fu rogato nel 1201, 22 marzo, un contratto di vendita di terreni a favore della Cattedrale di Firenze, i di cui Vescovi anche prima di quel secolo esercitavano giurisdizione temporale sopra Campi con l’inviarvi un potestà.
È ignoto, se tal dominio derivò da privilegi imperiali, o piuttosto da donazioni di marchesi e conti di Toscana, dai quali discendeva quel Gottifredo dei conti Alberti vescovo di Firenze che, nel 1141, donò al monastero di S. Miniato al Monte la possessione di Campi, e le decime che aveva in quel piviere.
(LAMI, Mon. Eccl. Flor.)
Anche il conte Uguccione di Bulgaro dei Cadolingi e Cilia sua sposa, nel 1090, confermarono alla loro Badia a Settimo i beni che i loro antenati avevano donato alla medesima, fra i quali si nominano quelli del piviere di Campi.
In Campi finalmente, in quella stessa età aveva podere la famiglia Adimari consorte dei conti Alberti e dei Cadolingi.
Vedere ADIMARI (S. GAVINO).
Cinque delle sette parrocchie comprese nel piviere di Campi portano la stessa denominazione del capoluogo.
La pieve di S. Stefano, S. Cresci, S. Lorenzo, S. Maria, e S. Martino.
Quest’ultima è tuttora di padronato dei Mazzinghi, che ivi posseggono villa e podere.
Sono tutte borgate, 4 delle quali attraversate dalla strada Regia postale di Prato; S. Cresci e S. Martino a ostro; S. Maria a settentrione; e la pieve di S. Stefano nel centro sulla sinistra ripa del Bisenzio, dove risiede il potestà, e dove esistevano due torri con due porte state demolite nel 1832, all’occasione che fu ricostruito un bel ponte di pietrame che cavalca il Bisenzio con un solo arditissimo arco, la di cui corda è di 40 braccia.
Esso fu disegnato e diretto dall’ingegnere Giuseppe Michelacci.
Le ville di Campi furono devastate e messe a ruba, nell’ottobre del 1325, da Castruccio Antelminelli, nel 1352, da Giovanni di Oleggio capitano dell’esercito dei Visconti di Milano; il quale, nell’agosto di detto anno, formò il campo in cotesta contrada, che albergata assai sino d’allora e d’ogni bene piena era.
(GIO. e MATT. VILLANI, Cronac. fior.)
Tutti questi popoli di Campi crebbero vistosamente di numero e di agiatezza, precipuamente dopochè andò aumentando il commercio dei cappelli di paglia di Firenze.
Essendo che quelli provenienti da Campi, da Brozzi e da Signa, per la cura e raffinata maestria con cui si lavorano, presso l’estero al pari che in patria, in maggior credito si tengono e sono più ricercati.
Fu in conseguenza di vistosi e repentini guadagni che le borgate di Campi nel giro di pochi lustri hanno quasi raddoppiato di case e di abitanti.
Comunità di Campi.
Il territorio di questa Comunità ha una superficie di 8214 quadrati, 312 dei quali sono occupati da strade e corsi d’acqua.
Vi si trovano stanziati 8918 abitanti a proporzione di 910 persone per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
La forma corografica del suo circondario, se si eccettui una punta che sporge da mezzogiorno verso occidente, rappresenta un romboide a superficie piana, la di cui diagonale è diretta da greco a libeccio.
Confina con altre sei Comunità: dal lato di settentrione- grecale con il territorio di Calenzano, mediante la strada Regia che da Firenze per Sesto guida a Prato, a partire dal ponte della Marinella sino oltrepassata la strada provinciale di Barberino davanti al poggio di Settimello, dove trova la Comunità di Sesto.
Con questa esso volge la fronte a levante, da prima per la via traversa di S. Morese, che poi lascia fuori alla biforcazione con quella di Padule, per ripiegare ad angolo retto verso ponente sino al fosso Tormerello, lungo il quale presenta la faccia a scirocco per entrare nella via dell’Acqualunga, mediante cui perviene alle cateratte del Fosso Reale.
A questo punto subentra la Comunità di Brozzi, con la quale prosegue lungo il Fosso Reale nella direzione ostro-libeccio per giungere alla strada Regia pistojese oltrepas sato il piano dell’Osmannoro.
Giunte alla strada Regia le due Comunità si accompagnano di conserva, cavalcano il Bisenzio a S. Piero a Ponti, e di là proseguono verso ponente sino al ponte detto dell’Asse sull’Ombrone.
Al ponte predetto forma angolo retto per rimontare contr’acqua un brevissimo cammino nell’alveo del fiume dirimpetto alla Comunità di Carmignano, la quale lascia fuori insieme con l’Ombrone alla gora di Bonzola, dove subentra la Comunità di Prato.
Con quest’ultima, ripiegando da ponente-maestro a grecale -settentrione, si dirige dalla gora nella via di Castelnuovo, sino che arriva alla strada del Gozzi, dove rivolgesi di nuovo a ponente -maestro e di là per la strada detta del Confine va a ritrovare il Bisenzio, e contr’acqua s’incammina a Gonfienti.
Costà abbandona il fiume testè accennato, e piega verso levante per la strada Regia pratese, lungo la quale arriva sul ponte della Marinella , dove ritorna a contatto con la Comunità di Calenzano.
Fra i corsi di acqua più copiosi che passano per il territorio di Campi, per non dire dell’Ombrone che lo lambisce per corto tragitto, avvi il fiume Bisenzio.
Questo attraversa la Comunità di Campi da settentrione-maestro a ostro -libeccio negli angoli opposti alla maggiore diagonale del suo territorio.
Lungo quel tragitto il Bisenzio accoglie nel suo alveo la fiumana Marina poco sopra al ponte nuovo, dopo essersi vuotato nel medesimo il torrente Marinella davanti a Capalle, mentre il Fosso Reale costeggia la stessa Comunità dal lato di scirocco, e la gora di Pagnolla lo percorre presso al lembo occidentale.
Molte e tutte comode sono le strade rotabili aperte nel territorio di Campi.
Tre di esse sono regie.
Quella cioè che parte da Firenze per Sesto, l’altra passa per Campi e la terza per S. Piero a Ponti.
Si dirigono le due prime a Prato, l’altra a Pistoja.
Sono comunitative tutte le strade che da Campi si staccano per S. Piero a Ponti, per Signa, per Calenzano, per Calonica, Cafaggio e Pistoja, per le Regie Cascine del Poggio a Cajano, ec.
Il terreno di Campi è tutto formato dalle alluvioni dei fiumi Ombrone, Bisenzio, Marina, e dai loro tributarj, incassati quasi tutti da argini artificiali.
Essendo chè tali corsi d’acqua trovansi costà quasi allo stesso livello della circostante pianura, onde fu d’uopo tracciare molti fossi parziali, e profondi canali o dagaje per raccogliere le acque parziali e piovane e trovare uno sbocco più basso alle campagne intermedie.
La natura del suolo suggerisce da sé medesima all’agronomo la coltura che esso richiede.
Campi sativi, feraci, e produttivi del più squisito e delicato frumento che la terra produca, meritarono a questa campagna il nome che da tanti secoli conserva.
Vi prospera ed è comune fra le piante arboree quella del gelso che fornisce alito a molti filugelli.
L’umidità intrinseca della pianura di Campi giova alla sementa del lino, che costà si coltiva con profitto e si lavora in molti telaj per uso di panni lini che si smerciano nelle vicine città.
La vite in cotesti fondi sfoga in grossi rami che producono copiosa raccolta di vino snervato, com’è quello dell’Osmannoro e di Lecore, e i di cui tralci meriterebbero di essere estirpati, anziché propagati, siccome saviamente sentenziava Francesco Redi.
Le altre industrie di questa contrada non diversificano da quelle già accennate all’articolo della Comunità di Brozzi.
Un basso fondo, una pantanosa pianura, come di sua natura è quella di che si tratta, qualora fosse stata abbandonata a se medesima sarebbe divenuta una sorgente pericolosissima per tutti i viventi, una causa di marasmi, di epidemie, e di morti frequentissime.
Eppure in questo pantano, mercè la sorveglianza idraulica, la cura degli agricoltori, l’attività e concorso degli abitanti, in quest’antica palude abitano, vivono prosperosi e sempre più aumentano coloni, possidenti terrieri, artisti, negozianti e villeggianti.
Così il bonificamento del suolo è andato progredendo di pari passo con quello della popolazione.
Noi vedemmo agli articoli Borgo Buggiano e Calcinaja vivere con agiatezza e prosperare nella palustre pianura Buggianese 571 individui, nei pantani di Calcinaja 575 abitanti per ogni miglio quadrato, mentre il territorio palustre di Campi ci da oggi il sorprendente resultamento statistico di 910 persone per ogni miglio quadrato!!
L’antico tempio della pieve di Campi fu restaurato più volte e recentemente (1812) incalcinato e sopracaricato di stucchi che le vecchie parti nascosero o alterarono.
Vi si tiene in gran venerazione un Crocifisso, che rammenta l’epoca delle compagnie dei Bianchi, o de’Flagellanti, allorché (anno 1399) le popolazioni, stanche dalle guerre di partito, andavano incappate a turme per l’Italia coll’immagine innanzi del Redentore, ora battendosi, spesso banchettando, ora cantando salmodie, ora chiedendo pace e perdono per farsi la guerra forse un mese dopo.
Sono suffraganee della pieve di Campi 7 parrocchie:
1. S. Cresci a Campi, prioria;
2. SS. Quirico e Giulitta a Capalle, prepositura;
3. S. Piero a Ponti, prioria;
4. S. Maria a Campi;
5. S. Lorenzo a Campi;
6. S. Martino a Campi;
7. S. Martino a Gonfienti.
Quest’ultima chiesa nel secolo XVIII fu staccata dal piviere di Filettole.
Facevano parte dello stesso plebanato, S. Margherita di Campi che il vescovo Ardingo di Firenze nel 1246 donò al monastero di S. Miniato al Monte, e la chiesa di S. Maria a Limite, attualmente cappella.
Nella piazza della pieve trovasi il pretorio e la casa del Comune.
Risiede in Campi uno dei sette Potestà minori suburbani a Firenze.
Il magistrato Comunitativo ha un cancelliere ajuto, e mantiene un maestro di scuola.
Vi sono come avventizi vari medici e chirurgi.
La sua Cancelleria è al Pellegrino, l’ingegnere di Circondario, l’ufizio di Esazione del Registro, la Conservazione delle Ipoteche e la Ruota sono in Firenze.
Campi fu in patria del celebre Fra Ristoro Domenicano, che disegnò e diresse il magnifico tempio del suo ordine in S. Maria Novella a Firenze.
POPOLAZIONE della Comunità di CAMPI a tre epoche diverse.
Frazioni di popolazioni provenienti da parrocchie poste fuori della Comunità di CAMPI
- nome del luogo: Lecore, titolo della chiesa: SS. Angelo e Biagio (Prioria), Comunità in cui è situata: Signa,
abitanti del 1833: n° 433
- nome del luogo: S. Moro, titolo della chiesa: S. Mauro (Prioria), Comunità in cui è situata: Signa,
abitanti del 1833: n° 45
- TOTALE degli abitanti del 1833: n° 8918
N. B. L'asterisco * indica che una parte di questa parrocchia si estende nella Comunità di Signa, dove sarà riportata la porzione che manca.
Campi
CAMPI nel Val d’Arno fiorentino.
Grosso borgo, già castello, capoluogo di piviere, di Comunità e di Potesteria , nella Diocesi e Compartimento di Firenze.
Sono più popoli e borgate, la maggiore delle quali trovasi sulla ripa sinistra del fiume Bisenzio, dove fu il castello alla testa del ponte e lungo la strada Regia pratese, nel grado 28° 48’ di longitudine e grado 43° 49’ 5” di latitudine, 6 miglia toscane a ponente-maestro di Firenze, 4 a libeccio di Prato, 14 a levante di Pistoja.
La disposizione e riduzione agraria del terreno fornì alla contrada, come a tanti altri luoghi, il nome di Campi.
Questo nostro leggesi la prima volta in un privilegio di Carlo Magno a favore del monastero di S. Bartolommeo a Ripoli, già detto in Recavata, cui donò i saliceti di regia proprietà situati nel luogo di Campi.
Tal documento dà bastantemente a conoscere l’antica umidità e qualità paludosa del suolo intorno a Campi, dov’erano sino dal secolo VIII, e in parte sussistono tuttora pantani, piscine e profondi fossi reali sparsi di giunchi e di salci, siccome lo dimostrano i superstiti nomi di Padule, di Piscina e di Dogaia.
Vedere BROZZI.
Cinque sono le borgate in quei contorni che conservano il distintivo di Campi.
Una è quella di S. Cresci a Campi, la cui chiesa è rammentata in un istrumento dell’anno 866, spettante alla nobile famiglia Mazzinghi che ne ottenne il padronato, nell’anno 1111, insieme con le chiese di S. Donnino a Brozzi e S. Pietro a Lecore, comecchè S. Cresci a Campi in poter d’altri più tardi sia pervenuto.
Vedere CAMPI (S. CRESCI a).
Nella villa di S. Cresci a Campi fu rogato nel 1201, 22 marzo, un contratto di vendita di terreni a favore della Cattedrale di Firenze, i di cui Vescovi anche prima di quel secolo esercitavano giurisdizione temporale sopra Campi con l’inviarvi un potestà.
È ignoto, se tal dominio derivò da privilegi imperiali, o piuttosto da donazioni di marchesi e conti di Toscana, dai quali discendeva quel Gottifredo dei conti Alberti vescovo di Firenze che, nel 1141, donò al monastero di S. Miniato al Monte la possessione di Campi, e le decime che aveva in quel piviere.
(LAMI, Mon. Eccl. Flor.)
Anche il conte Uguccione di Bulgaro dei Cadolingi e Cilia sua sposa, nel 1090, confermarono alla loro Badia a Settimo i beni che i loro antenati avevano donato alla medesima, fra i quali si nominano quelli del piviere di Campi.
In Campi finalmente, in quella stessa età aveva podere la famiglia Adimari consorte dei conti Alberti e dei Cadolingi.
Vedere ADIMARI (S. GAVINO).
Cinque delle sette parrocchie comprese nel piviere di Campi portano la stessa denominazione del capoluogo.
La pieve di S. Stefano, S. Cresci, S. Lorenzo, S. Maria, e S. Martino.
Quest’ultima è tuttora di padronato dei Mazzinghi, che ivi posseggono villa e podere.
Sono tutte borgate, 4 delle quali attraversate dalla strada Regia postale di Prato; S. Cresci e S. Martino a ostro; S. Maria a settentrione; e la pieve di S. Stefano nel centro sulla sinistra ripa del Bisenzio, dove risiede il potestà, e dove esistevano due torri con due porte state demolite nel 1832, all’occasione che fu ricostruito un bel ponte di pietrame che cavalca il Bisenzio con un solo arditissimo arco, la di cui corda è di 40 braccia.
Esso fu disegnato e diretto dall’ingegnere Giuseppe Michelacci.
Le ville di Campi furono devastate e messe a ruba, nell’ottobre del 1325, da Castruccio Antelminelli, nel 1352, da Giovanni di Oleggio capitano dell’esercito dei Visconti di Milano; il quale, nell’agosto di detto anno, formò il campo in cotesta contrada, che albergata assai sino d’allora e d’ogni bene piena era.
(GIO. e MATT. VILLANI, Cronac. fior.)
Tutti questi popoli di Campi crebbero vistosamente di numero e di agiatezza, precipuamente dopochè andò aumentando il commercio dei cappelli di paglia di Firenze.
Essendo che quelli provenienti da Campi, da Brozzi e da Signa, per la cura e raffinata maestria con cui si lavorano, presso l’estero al pari che in patria, in maggior credito si tengono e sono più ricercati.
Fu in conseguenza di vistosi e repentini guadagni che le borgate di Campi nel giro di pochi lustri hanno quasi raddoppiato di case e di abitanti.
Comunità di Campi.
Il territorio di questa Comunità ha una superficie di 8214 quadrati, 312 dei quali sono occupati da strade e corsi d’acqua.
Vi si trovano stanziati 8918 abitanti a proporzione di 910 persone per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
La forma corografica del suo circondario, se si eccettui una punta che sporge da mezzogiorno verso occidente, rappresenta un romboide a superficie piana, la di cui diagonale è diretta da greco a libeccio.
Confina con altre sei Comunità: dal lato di settentrione- grecale con il territorio di Calenzano, mediante la strada Regia che da Firenze per Sesto guida a Prato, a partire dal ponte della Marinella sino oltrepassata la strada provinciale di Barberino davanti al poggio di Settimello, dove trova la Comunità di Sesto.
Con questa esso volge la fronte a levante, da prima per la via traversa di S. Morese, che poi lascia fuori alla biforcazione con quella di Padule, per ripiegare ad angolo retto verso ponente sino al fosso Tormerello, lungo il quale presenta la faccia a scirocco per entrare nella via dell’Acqualunga, mediante cui perviene alle cateratte del Fosso Reale.
A questo punto subentra la Comunità di Brozzi, con la quale prosegue lungo il Fosso Reale nella direzione ostro-libeccio per giungere alla strada Regia pistojese oltrepas sato il piano dell’Osmannoro.
Giunte alla strada Regia le due Comunità si accompagnano di conserva, cavalcano il Bisenzio a S. Piero a Ponti, e di là proseguono verso ponente sino al ponte detto dell’Asse sull’Ombrone.
Al ponte predetto forma angolo retto per rimontare contr’acqua un brevissimo cammino nell’alveo del fiume dirimpetto alla Comunità di Carmignano, la quale lascia fuori insieme con l’Ombrone alla gora di Bonzola, dove subentra la Comunità di Prato.
Con quest’ultima, ripiegando da ponente-maestro a grecale -settentrione, si dirige dalla gora nella via di Castelnuovo, sino che arriva alla strada del Gozzi, dove rivolgesi di nuovo a ponente -maestro e di là per la strada detta del Confine va a ritrovare il Bisenzio, e contr’acqua s’incammina a Gonfienti.
Costà abbandona il fiume testè accennato, e piega verso levante per la strada Regia pratese, lungo la quale arriva sul ponte della Marinella , dove ritorna a contatto con la Comunità di Calenzano.
Fra i corsi di acqua più copiosi che passano per il territorio di Campi, per non dire dell’Ombrone che lo lambisce per corto tragitto, avvi il fiume Bisenzio.
Questo attraversa la Comunità di Campi da settentrione-maestro a ostro -libeccio negli angoli opposti alla maggiore diagonale del suo territorio.
Lungo quel tragitto il Bisenzio accoglie nel suo alveo la fiumana Marina poco sopra al ponte nuovo, dopo essersi vuotato nel medesimo il torrente Marinella davanti a Capalle, mentre il Fosso Reale costeggia la stessa Comunità dal lato di scirocco, e la gora di Pagnolla lo percorre presso al lembo occidentale.
Molte e tutte comode sono le strade rotabili aperte nel territorio di Campi.
Tre di esse sono regie.
Quella cioè che parte da Firenze per Sesto, l’altra passa per Campi e la terza per S. Piero a Ponti.
Si dirigono le due prime a Prato, l’altra a Pistoja.
Sono comunitative tutte le strade che da Campi si staccano per S. Piero a Ponti, per Signa, per Calenzano, per Calonica, Cafaggio e Pistoja, per le Regie Cascine del Poggio a Cajano, ec.
Il terreno di Campi è tutto formato dalle alluvioni dei fiumi Ombrone, Bisenzio, Marina, e dai loro tributarj, incassati quasi tutti da argini artificiali.
Essendo chè tali corsi d’acqua trovansi costà quasi allo stesso livello della circostante pianura, onde fu d’uopo tracciare molti fossi parziali, e profondi canali o dagaje per raccogliere le acque parziali e piovane e trovare uno sbocco più basso alle campagne intermedie.
La natura del suolo suggerisce da sé medesima all’agronomo la coltura che esso richiede.
Campi sativi, feraci, e produttivi del più squisito e delicato frumento che la terra produca, meritarono a questa campagna il nome che da tanti secoli conserva.
Vi prospera ed è comune fra le piante arboree quella del gelso che fornisce alito a molti filugelli.
L’umidità intrinseca della pianura di Campi giova alla sementa del lino, che costà si coltiva con profitto e si lavora in molti telaj per uso di panni lini che si smerciano nelle vicine città.
La vite in cotesti fondi sfoga in grossi rami che producono copiosa raccolta di vino snervato, com’è quello dell’Osmannoro e di Lecore, e i di cui tralci meriterebbero di essere estirpati, anziché propagati, siccome saviamente sentenziava Francesco Redi.
Le altre industrie di questa contrada non diversificano da quelle già accennate all’articolo della Comunità di Brozzi.
Un basso fondo, una pantanosa pianura, come di sua natura è quella di che si tratta, qualora fosse stata abbandonata a se medesima sarebbe divenuta una sorgente pericolosissima per tutti i viventi, una causa di marasmi, di epidemie, e di morti frequentissime.
Eppure in questo pantano, mercè la sorveglianza idraulica, la cura degli agricoltori, l’attività e concorso degli abitanti, in quest’antica palude abitano, vivono prosperosi e sempre più aumentano coloni, possidenti terrieri, artisti, negozianti e villeggianti.
Così il bonificamento del suolo è andato progredendo di pari passo con quello della popolazione.
Noi vedemmo agli articoli Borgo Buggiano e Calcinaja vivere con agiatezza e prosperare nella palustre pianura Buggianese 571 individui, nei pantani di Calcinaja 575 abitanti per ogni miglio quadrato, mentre il territorio palustre di Campi ci da oggi il sorprendente resultamento statistico di 910 persone per ogni miglio quadrato!!
L’antico tempio della pieve di Campi fu restaurato più volte e recentemente (1812) incalcinato e sopracaricato di stucchi che le vecchie parti nascosero o alterarono.
Vi si tiene in gran venerazione un Crocifisso, che rammenta l’epoca delle compagnie dei Bianchi, o de’Flagellanti, allorché (anno 1399) le popolazioni, stanche dalle guerre di partito, andavano incappate a turme per l’Italia coll’immagine innanzi del Redentore, ora battendosi, spesso banchettando, ora cantando salmodie, ora chiedendo pace e perdono per farsi la guerra forse un mese dopo.
Sono suffraganee della pieve di Campi 7 parrocchie:
1. S. Cresci a Campi, prioria;
2. SS. Quirico e Giulitta a Capalle, prepositura;
3. S. Piero a Ponti, prioria;
4. S. Maria a Campi;
5. S. Lorenzo a Campi;
6. S. Martino a Campi;
7. S. Martino a Gonfienti.
Quest’ultima chiesa nel secolo XVIII fu staccata dal piviere di Filettole.
Facevano parte dello stesso plebanato, S. Margherita di Campi che il vescovo Ardingo di Firenze nel 1246 donò al monastero di S. Miniato al Monte, e la chiesa di S. Maria a Limite, attualmente cappella.
Nella piazza della pieve trovasi il pretorio e la casa del Comune.
Risiede in Campi uno dei sette Potestà minori suburbani a Firenze.
Il magistrato Comunitativo ha un cancelliere ajuto, e mantiene un maestro di scuola.
Vi sono come avventizi vari medici e chirurgi.
La sua Cancelleria è al Pellegrino, l’ingegnere di Circondario, l’ufizio di Esazione del Registro, la Conservazione delle Ipoteche e la Ruota sono in Firenze.
Campi fu in patria del celebre Fra Ristoro Domenicano, che disegnò e diresse il magnifico tempio del suo ordine in S. Maria Novella a Firenze.
POPOLAZIONE della Comunità di CAMPI a tre epoche diverse.
Frazioni di popolazioni provenienti da parrocchie poste fuori della Comunità di CAMPI
- nome del luogo: Lecore, titolo della chiesa: SS. Angelo e Biagio (Prioria), Comunità in cui è situata: Signa,
abitanti del 1833: n° 433
- nome del luogo: S. Moro, titolo della chiesa: S. Mauro (Prioria), Comunità in cui è situata: Signa,
abitanti del 1833: n° 45
- TOTALE degli abitanti del 1833: n° 8918
N. B. L'asterisco * indica che una parte di questa parrocchia si estende nella Comunità di Signa, dove sarà riportata la porzione che manca.