Pegni e penitenze
Il gioco, un tempo era sempre accompagnato da un pegno, per potervi partecipare, e da una penitenza da fare il caso di sconfitta.
Qui di seguito riporterò un brano assai interessante tratto da un librettino per bambini della prima metà dell’ottocento; questo brano ci aiuterà a comprendere come funzionassero i giochi, quali regole li comandavano e poi elencherò le penitenze più caratteristiche.
“…….Il Capogiuoco riceverà i pegni e gli porrà sopra una tavola sotto un tappeto.
Quando ne avrà raccolti un numero sufficiente ne intimerà la restituzione, la qual cosa forma un nuovo divertimento, ed è occasione di nuovi giochi e burle.
Si pubblicherà dal Capogiuoco la penitenza quando un ragazzo addetto ai giochi od altro non addetto, ponendo una mano sotto il tappeto avrà estratto un pegno senza mostrarlo a colui che impone la penitenza.
Pubblicata la penitenza si mostrerà alla conversazione il pegno, dicendo:
il proprietario dirà "è mio";
allora il Capogiuoco dirà "se tu vuoi il pegno farai la penitenza che ti darò ?",
egli risponderà "se sarà cosa da farsi, la farò".
E sentita la penitenza dovrà tosto eseguirla, e ne riceverà poscia il pegno depositato.
Collo stesso metodo si proseguirà finchè i pegni siano tutti restituiti.
Le penitenze che seguono sono alcune di quelle in uso, le più comuni tralascio di riferire.
E’ anche facoltà del Capogiuoco e dei giocatori il proporne di loro invenzione.
“Riportata questa necessaria premessa, ecco l’elenco di queste penitenze ottocentesche, con riferimenti a Vienna ed al Papa, riferimenti “obbligati“ vista l’epoca di riferimento.
IL PROCACCIA a chi tocca la penitenza passa davanti ad ogni giocatore e chiede:
e ciascuno dovrà mettergli qualcosa addosso, finchè carico ed al termine del giro non si ripresenta davanti al Capogiuoco.
LA STATUA il “penitente“ sarà portato dal Capogiuoco, in mezzo ai ragazzi e messo in una posa scelta dallo stesso, in modo da sembrare una statua, poi anche gli altri lo faranno muovere e posare a loro piacimento.
La statua dovrà accontentare tutti e solo dopo aver terminato le varie pose, riceverà indietro il suo pegno.
IL CAPPELLO si metterà una frutta di stagione sotto il cappello ed in testa al penitente.
Poi il Capogiuoco gli ordinerà di mangiarla, finito di mangiare al penitente sarà ordinato di rimettere quella frutta sotto il cappello.
Come fare? Basterà rimettersi il cappello in capo.
IL LACCHE’ il Capogiuoco farà un cartoccio di carta e se lo attaccherà alla giacca, mentre al penitente sarà data una candela accesa.
La penitenza consiste nel mettere la candela accesa dentro il cartoccio seguendo il capogiuoco che camminerà nella stanza, senza correre, uscire o nascondersi.
LE PASSERE il Capogiuoco chiederà al penitente di contare nove passere, iniziando con < passera uno > evvia;
se il penitente non è attento, sicuramente dirà “passerotto“ all’ottava passera, se così, avrà perso il pegno o dovrà fare un’altra penitenza.
L’OMBRA il penitente dovrà baciare l’ombra del Capogiuoco, che movendosi renderà la cosa assai difficoltosa.
IL LUME si metterà in un punto della stanza una candela accesa per terra, quindi si benderà il penitente e gli verrà data una candela spenta, con questa dovrà girare per la stanza cercando la candela accesa per accendere la sua, aiutato dai consigli ( acqua e fuoco ) dei presenti.
IL CALDO il penitente dovrà affacciarsi ad una porta esterna oppure ad una finestra e gridare tre volte “ che caldo mi fa !!! sto bruciando !!! ”, alla terza volta uno appostato alla finestra accanto, gli tirerà una bella bicchierata di acqua in faccia.
IL ROSPO questa penitenza è doppia, in quanto due sono i penitenti interessati.
Si bendano i due soggetti : uno sarà il rospo e l’altro la rana, si fanno girare un po’ e dopo dovranno acchiapparsi.
Chi acchiappa per primo, riceve il pegno ed esce, l’altro resta sotto e si riparte con un altro giocatore penitente.
Questa penitenza può essere anche usata come gioco.
Non credete che in questa epoca che sembra così romantica e formale, non si pensassero o scrivessero cose sconvenienti, ho scelto la penitenza che segue, proprio per farvi conoscere completamente le cose come stavano; non è la peggiore che potesse capitare giocando a quei tempi.
LA CUREGGIA dovremo chiedere al penitente come farebbe a dividere in due una cureggia: non è difficile, basta mettersi verso colui che l’ ha sganciata ed il fetore, entrando dalle due narici, risulterà diviso in due.
IL QUADRO il penitente passerà davanti ad ogni giocatore chiedendo “Se fossi una tela che quadro dipingeresti?“ e dovrà sentire ogni sorta di cose e sberleffi che gli vengono fatti.
L’UOVO FRESCO in un vaso di coccio oppure in una zuppiera, si metterà un chilo di farina bianca, dopodiché vi nasconderemo un uovo fresco ed il penitente dovrà trovarlo e prenderlo senza aiutarsi con le mani, ma solo con la bocca.
Dopo questa farina e le uova rotte si useranno per fare la pasta.
LA MELA è uguale al primo, ma da fare in cortile in estate, al posto dell’uovo, la mela, al posto della farina l’acqua, il tutto in un bel catino .
IL GIORNO domandate al penitente quale sia il giorno più lungo dell’anno, se risponderà quello senza soldi avrà vinto e riprenderà il pegno, altrimenti o perso il pegno o far altra penitenza.
LO SCORCIO il capogiuoco attaccherà un pezzetto di stoppino acceso al tacco del penitente, al piede sinistro, tenendo la gamba su e piegata, in modo da stare in piedi con un solo piede, dopo gli verrà consegnata una candela spenta, nella mano destra e gli verrà comandato di accenderla allo stoppino acceso che starà bruciando il tacco.
LA PASSIONE metteremo sul pavimento un matterello per tirare la pasta, davanti al matterello sarà appoggiato il pegno che il penitente, inginocchiato sul matterello, dovrà raccogliere con la bocca, senza appoggiarsi e senza aiutarsi con nulla.
L’ATTIDUDINE porremo un cappello per terra con la falda in su, poi il penitente con la mano sinistra prenderà la punta del piede destro e con la mano destra l’orecchio destro e dovrà piegarsi fino a raggiungere il cappello e tirarlo su con la bocca.
Queste sono le penitenze che i ragazzi dovevano fare, erano in pratica un gioco nel gioco, in modo che la monotonia
(ma era monotonia) del tempo scorresse meglio, tra la miseria e la spensieratezza della giovane età.