Lastrigiani ed ospiti illustri
Riceve le prime lezioni dal Maestro Guglielmo Bellini (mio bisnonno n.d.a.), pianista e compositore, fra l’altro organista della Casa Madre delle Suore Passioniste di Castel di Signa, che a Lastra, sul “mattonato” di Piazza Garibaldi, ha un negozio di orefice dove, a sera, si ritrovano i vari musicisti della zona per fare musica.
In una di queste “serate” viene ascoltato dal cav. Vittorio Bondi che, conquistato dalla bellezza della voce, diventa il suo mecenate.
Gli fa lasciare il lavoro e si impegna a mantenerlo agli studi.
Lo fa trasferire a Roma per frequentare la scuola del noto maestro Aristide Franceschetti.
Dopo qualche mese di studio, il 21 ottobre 1894 debutta in concerto al Circolo Sabatio di Bracciano.
Ottiene un bel successo di fronte a un pubblico scelto, come riporta la cronaca: “La fleur fleur del paese... applaudì specialmente il giovane tenore Ottavio Frosini che dovette ripetere tre volte alcuni pezzi...”.
Se il “buon dì si vede dal mattino”, non avrebbe potuto sperare in un’alba più radiosa.
La voce è bella e importante, potente e lucente in tutta la gamma e al tempo stesso capace di modulare frasi a fior di labbra fino alle pi・soavi mezzevoci.
La presenza scenica è di prim’ordine unita a un buon temperamento d’artista. il tipico tenore drammatico, capace, come molti della scuola Ottocentesca, di eseguire un repertorio vastissimo per la padronanza della voce, che nel suo caso, pu・spaziare dal Fenton in Falstaff all’Otello verdiano.
Riconoscente verso il cav. Bondi e il Maestro Franceschetti, dopo due anni di studio debutta in loro onore al teatro Della Fenice di Lastra a Signa, in Forza del destino, con esito tanto soddisfacente che arrivano subito le prime scritture. Nell’agosto dello stesso 1896 canta in Traviata a Bevagna, dove: “Impressionò vivamente la bellissima voce del tenore Frosini che ebbe richieste di bis e ovazioni entusiastiche”.
Un anno dopo è già in teatri importanti come il Mercadante di Napoli impegnato in Cavalleria Rusticana, Pagliacci, Faust, Manon, Forza del destino, La Gioconda, Rigoletto e le novit・ Rococ・del Maestro Gianturco e Atala del Maestro Miceli. Nella stessa stagione è impegnato anche un certo Enrico Caruso, alle prime armi.
Ottiene vivi successi e viene riconfermato per gli anni seguenti.
Specialmente nelle due opere abbinate Cavalleria e Pagliacci ottiene veri trionfi, i bis della Siciliana, del Tu qui Santuzza, del Brindisi, dell’Addio alla madre e di Vesti la giubba sono, tutte le sere, richiesti a gran voce e generosamente concessi.
Grazie a un fisico e ad una tecnica eccezionale riesce a sostenere dei veri tour de force, come nel febbraio 1898 al teatro Comunale di Corato, in quel di Bari, dove esegue le due opere - con relativi bis - per sei sere consecutive! Ecco cosa scrive la stampa sulla sua stagione napoletana: “In Cavalleria rusticana il Frosini si è riaffermato artista di merito non comune, eseguendola ben 55 volte, con successo sempre crescente, da conquistare addirittura il pubblico plaudente, che gli ha chiesto insistentemente i “soliti” bis, detti da lui in modo sorprendente, profondendovi a meraviglia voce e coloriti, grazia e vivacità La sua mezza voce chiara, rende il canto ancor più tenero e soave e la sua voce piena da alla frase grande energia.
Allorquando ad un volume considerevole di voce se ne accoppia la dolcezza e pieghevolezza, si può certamente sperare di elevarsi al di sopra degli altri, aprendosi il varco ad una luminosa carriera” (Il giornale di Boheme).
Le recensioni delle altre opere parlano di: “Ottavio Frosini mostra quale bellezza di voce egli abbia, da fargli sperare una splendida carriera” (in Gioconda). Mentre in Faust: “Ottennero un ottimo successo il tenore Ottavio Frosini, che esegu・deliziosamente l’aria, il duetto, il terzetto della sfida e tutti gli altri suoi pezzi”.
E ancora: “Gran fanatismo ha destato nella Forza del destino il tenore Ottavio Frosini”.
Nella stagione di carnevale 1899 ・al teatro Rossini di Venezia impegnato in Cavalleria e Pagliacci e in Carmen per la sua serata d’onore, dove: “Mand・in visibilio platea e loggione, ebbe molte feste e molti regali di valore fra i quali una bellissima spilla di brillanti”. Gli fa eco “La Nuova Scena” del 26 gennaio 1899 “Frosini... l’enfant gate del pubblico veneziano che lo applaude a sazietà per la sua voce celestiale... nella parte di don Josè ha fanatizzato. Egli ha il dono di possedere una potenza di voce meravigliosa, direi quasi la migliore fra le migliori che oggidì esistano nelle sfere dell’arte”.
Una recensione come questa, anche se un p・enfatizzata, ・molto significativa perch・ allora, non c’era carenza di grandi tenori (che oggi si contano sulle dita di una mano) e fra questi c’era anche Caruso!
Si conferma nei maggiori teatri, fra i quali: Firenze, Roma, Catania, Genova, Brescia, Como, Venezia, preferendo questo teatro che gli offre una lunga stagione, alla Scala, che gli offre un solo titolo.
Invitato in alcuni teatri per le onoranze a Giuseppe Verdi.
Al teatro Grande di Brescia riporta un bel successo cantando in due ruoli completamente diversi: Lohengrin e Fenton. Deve ripetere la romanza di Lohengrin Da voi lontan in sconosciuta terra e il Sonetto di Fenton, “detto superbamente, con purezza di voce”. Nel maggio/giugno 1901 ・all’Adriano di Roma in Gioconda, L’africana, Faust.
Poi a Catania e Palermo in L’africana, Rigoletto e Aida. Molte sono le recite di Tosca che debutta trionfalmente a Ferrara, ripetendo Recondita armonia, O dolci mani, E lucevan le stelle, che poi canterà ovunque.
Ottavio Frosini, cenni biografici
Nasce a Lastra a Signa il 17 febbraio 1866 da Olimpio e Anna Andrei. Il padre ha una piccola impresa edile, Ottavio lavora come assistente tecnico presso la Società Edilizia Italiana.
Dotato di buona voce, già naturalmente impostata, si sente attratto dalla lirica, allora, popolarissima e fonte di tanti apprezzamenti e discussioni.
Dotato di buona voce, già naturalmente impostata, si sente attratto dalla lirica, allora, popolarissima e fonte di tanti apprezzamenti e discussioni.
Riceve le prime lezioni dal Maestro Guglielmo Bellini (mio bisnonno n.d.a.), pianista e compositore, fra l’altro organista della Casa Madre delle Suore Passioniste di Castel di Signa, che a Lastra, sul “mattonato” di Piazza Garibaldi, ha un negozio di orefice dove, a sera, si ritrovano i vari musicisti della zona per fare musica.
In una di queste “serate” viene ascoltato dal cav. Vittorio Bondi che, conquistato dalla bellezza della voce, diventa il suo mecenate.
Gli fa lasciare il lavoro e si impegna a mantenerlo agli studi.
Lo fa trasferire a Roma per frequentare la scuola del noto maestro Aristide Franceschetti.
Dopo qualche mese di studio, il 21 ottobre 1894 debutta in concerto al Circolo Sabatio di Bracciano.
Ottiene un bel successo di fronte a un pubblico scelto, come riporta la cronaca: “La fleur fleur del paese... applaudì specialmente il giovane tenore Ottavio Frosini che dovette ripetere tre volte alcuni pezzi...”.
Se il “buon dì si vede dal mattino”, non avrebbe potuto sperare in un’alba più radiosa.
La voce è bella e importante, potente e lucente in tutta la gamma e al tempo stesso capace di modulare frasi a fior di labbra fino alle pi・soavi mezzevoci.
La presenza scenica è di prim’ordine unita a un buon temperamento d’artista. il tipico tenore drammatico, capace, come molti della scuola Ottocentesca, di eseguire un repertorio vastissimo per la padronanza della voce, che nel suo caso, pu・spaziare dal Fenton in Falstaff all’Otello verdiano.
Riconoscente verso il cav. Bondi e il Maestro Franceschetti, dopo due anni di studio debutta in loro onore al teatro Della Fenice di Lastra a Signa, in Forza del destino, con esito tanto soddisfacente che arrivano subito le prime scritture. Nell’agosto dello stesso 1896 canta in Traviata a Bevagna, dove: “Impressionò vivamente la bellissima voce del tenore Frosini che ebbe richieste di bis e ovazioni entusiastiche”.
Un anno dopo è già in teatri importanti come il Mercadante di Napoli impegnato in Cavalleria Rusticana, Pagliacci, Faust, Manon, Forza del destino, La Gioconda, Rigoletto e le novit・ Rococ・del Maestro Gianturco e Atala del Maestro Miceli. Nella stessa stagione è impegnato anche un certo Enrico Caruso, alle prime armi.
Ottiene vivi successi e viene riconfermato per gli anni seguenti.
Specialmente nelle due opere abbinate Cavalleria e Pagliacci ottiene veri trionfi, i bis della Siciliana, del Tu qui Santuzza, del Brindisi, dell’Addio alla madre e di Vesti la giubba sono, tutte le sere, richiesti a gran voce e generosamente concessi.
Grazie a un fisico e ad una tecnica eccezionale riesce a sostenere dei veri tour de force, come nel febbraio 1898 al teatro Comunale di Corato, in quel di Bari, dove esegue le due opere - con relativi bis - per sei sere consecutive! Ecco cosa scrive la stampa sulla sua stagione napoletana: “In Cavalleria rusticana il Frosini si è riaffermato artista di merito non comune, eseguendola ben 55 volte, con successo sempre crescente, da conquistare addirittura il pubblico plaudente, che gli ha chiesto insistentemente i “soliti” bis, detti da lui in modo sorprendente, profondendovi a meraviglia voce e coloriti, grazia e vivacità La sua mezza voce chiara, rende il canto ancor più tenero e soave e la sua voce piena da alla frase grande energia.
Allorquando ad un volume considerevole di voce se ne accoppia la dolcezza e pieghevolezza, si può certamente sperare di elevarsi al di sopra degli altri, aprendosi il varco ad una luminosa carriera” (Il giornale di Boheme).
Le recensioni delle altre opere parlano di: “Ottavio Frosini mostra quale bellezza di voce egli abbia, da fargli sperare una splendida carriera” (in Gioconda). Mentre in Faust: “Ottennero un ottimo successo il tenore Ottavio Frosini, che esegu・deliziosamente l’aria, il duetto, il terzetto della sfida e tutti gli altri suoi pezzi”.
E ancora: “Gran fanatismo ha destato nella Forza del destino il tenore Ottavio Frosini”.
Nella stagione di carnevale 1899 ・al teatro Rossini di Venezia impegnato in Cavalleria e Pagliacci e in Carmen per la sua serata d’onore, dove: “Mand・in visibilio platea e loggione, ebbe molte feste e molti regali di valore fra i quali una bellissima spilla di brillanti”. Gli fa eco “La Nuova Scena” del 26 gennaio 1899 “Frosini... l’enfant gate del pubblico veneziano che lo applaude a sazietà per la sua voce celestiale... nella parte di don Josè ha fanatizzato. Egli ha il dono di possedere una potenza di voce meravigliosa, direi quasi la migliore fra le migliori che oggidì esistano nelle sfere dell’arte”.
Una recensione come questa, anche se un p・enfatizzata, ・molto significativa perch・ allora, non c’era carenza di grandi tenori (che oggi si contano sulle dita di una mano) e fra questi c’era anche Caruso!
Dopo appena tre anni di carriera ha già conquistato una bella notorietà collezionando successi con ripetute richieste di bis, in molti teatri.
Il 10 novembre 1898 debutta a Firenze, all’Arena Nazionale, nelle solite Cavalleria e Pagliacci.
L’attesa è grande, il successo lo è altrettanto.
Scrive “Il Fieramosca” del 2 novembre 1898: “Non si ・mai vista un’Arena cos・rigurgitante. Molta gente dovette tornare indietro... il Frosini fu festeggiatissimo nella sua serata d’onore, applauditissimo nei pezzi principali, tutti bissati, per parecchie volte chiamato al proscenio e gli vennero offerte due bellissime corone”. Su “La Lanterna”: “Nella Cavalleria Rusticana è stata una rivelazione il giovane tenore Ottavio Frosini il quale possiede una delle più splendide voci di tenore che si conoscano, sonora, estesa, pieghevole, dolcissima, la quale va agli acuti più limpidi e più squillanti con la massima facilità e si piega alle soavità del piano a mezza voce con vere dolcezze deliziose.
Egli fu ammirato per l’arte del canto, per la correttezza dell’azione alla quale la elegante figura concorse validamente e fu applaudito con entusiasmo”.
Impegnatissimo in teatri italiani, del Sudamerica e di altre nazioni.
Al teatro Vittorio Emanuele di Messina interpreta Faust con il famoso basso Adamo Didur e il baritono Lelio Casini. Scrive “Il Capitan Fracassa” del 23 marzo 1899: “Un Faust simpaticissimo ・il giovane tenore Frosini.
Egli si è ingraziato il pubblico sin dalla prima sera, per la sua voce carezzevole, duttile, penetrante e per l’azione scenica uguale, pacata, correttissima.
Il Frosini non è di quelli che ricorrono alle pose, alle movenze esagerate, anzi si studia di essere sempre vero e in carattere per rispondere meglio e con coscienza al suo compito. Viene applaudito con calore e in ispecie quando canta con quella mezza voce che delizia addirittura”.
Il periodo è molto propizio per l’opera lirica.
Tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento assistiamo all’ultima fioritura dei grandi capolavori; basti ricordare Falstaff (1893) di Verdi che preannuncia orizzonti nuovi, quindi Giacomo Puccini con Manon Lescaut (1893), Boheme (1896), Tosca (1900); Pietro Mascagni con Cavalleria rusticana (I890), Ruggero Leoncavallo con Pagliacci (1892); Umberto Giordano con Andrea Ch駭ier (1896) Fedora (1898); Francesco Cilea con Arlesiana (1897) e Adriana Lecouvreur (1902). Si afferma il verismo, non solo in musica. Il binomio Cavalleria e Pagliacci ne sono i prototipi e artisti come Caruso, Titta Ruffo, la Burzio ed altri sono gli alfieri di questa nuova scuola.
Gli artisti dotati, come il Frosini, si gettano a capofitto su queste opere e ne fanno dei veri “cavalli di battaglia”.
Il 14 febbraio 1900 al Costanzi di Roma, arride un grande successo a Tosca. Subito tutti i teatri vogliono rappresentarla. Frosini sar・fra i primi a metterla in repertorio. La parte di Mario Cavaradossi gli sta a pennello e la porta trionfante in tanti teatri, grandi e piccoli, in Italia e all’estero.
Anche i cachet sono adeguati al rango raggiunto dal tenore lastrigiano. Un telegramma dell’11 febbraio 1900 ・molto chiaro in proposito: “Accettate mille lire come convenuto con Cesari. Firmato Broglio, del teatro di Cremona”. Lascia l’Italia per alcune tournéé all’estero.
L’impresario Deliliers lo scrittura per il teatro Princesa di Madrid nelle opere Carmen, L’africana, Gli Ugonotti.
Nei teatri del sudamerica riporta grandi successi specialmente nelle sue preferite Cavalleria, Pagliacci, e Tosca. Una cronaca delle recite al teatro Colyseum scrive: “O tenor Ottavio Frosini obteve un triupho completo”.
E di trionfi parlano anche le cronache dei giornali tedeschi. Nel gennaio 1900 è al teatro Duse di Bologna in Pagliacci e in Carmen accanto a Titta Ruffo, anche lui molto giovane; e sono grandi serate! Pochi giorni dopo, al Pagliano di Firenze rinnova i successi riportati qualche tempo prima all’Arena Nazionale in Cavalleria.
Il 1900 è l’anno della sua consacrazione definitiva.
Il 10 novembre 1898 debutta a Firenze, all’Arena Nazionale, nelle solite Cavalleria e Pagliacci.
L’attesa è grande, il successo lo è altrettanto.
Scrive “Il Fieramosca” del 2 novembre 1898: “Non si ・mai vista un’Arena cos・rigurgitante. Molta gente dovette tornare indietro... il Frosini fu festeggiatissimo nella sua serata d’onore, applauditissimo nei pezzi principali, tutti bissati, per parecchie volte chiamato al proscenio e gli vennero offerte due bellissime corone”. Su “La Lanterna”: “Nella Cavalleria Rusticana è stata una rivelazione il giovane tenore Ottavio Frosini il quale possiede una delle più splendide voci di tenore che si conoscano, sonora, estesa, pieghevole, dolcissima, la quale va agli acuti più limpidi e più squillanti con la massima facilità e si piega alle soavità del piano a mezza voce con vere dolcezze deliziose.
Egli fu ammirato per l’arte del canto, per la correttezza dell’azione alla quale la elegante figura concorse validamente e fu applaudito con entusiasmo”.
Impegnatissimo in teatri italiani, del Sudamerica e di altre nazioni.
Al teatro Vittorio Emanuele di Messina interpreta Faust con il famoso basso Adamo Didur e il baritono Lelio Casini. Scrive “Il Capitan Fracassa” del 23 marzo 1899: “Un Faust simpaticissimo ・il giovane tenore Frosini.
Egli si è ingraziato il pubblico sin dalla prima sera, per la sua voce carezzevole, duttile, penetrante e per l’azione scenica uguale, pacata, correttissima.
Il Frosini non è di quelli che ricorrono alle pose, alle movenze esagerate, anzi si studia di essere sempre vero e in carattere per rispondere meglio e con coscienza al suo compito. Viene applaudito con calore e in ispecie quando canta con quella mezza voce che delizia addirittura”.
Il periodo è molto propizio per l’opera lirica.
Tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento assistiamo all’ultima fioritura dei grandi capolavori; basti ricordare Falstaff (1893) di Verdi che preannuncia orizzonti nuovi, quindi Giacomo Puccini con Manon Lescaut (1893), Boheme (1896), Tosca (1900); Pietro Mascagni con Cavalleria rusticana (I890), Ruggero Leoncavallo con Pagliacci (1892); Umberto Giordano con Andrea Ch駭ier (1896) Fedora (1898); Francesco Cilea con Arlesiana (1897) e Adriana Lecouvreur (1902). Si afferma il verismo, non solo in musica. Il binomio Cavalleria e Pagliacci ne sono i prototipi e artisti come Caruso, Titta Ruffo, la Burzio ed altri sono gli alfieri di questa nuova scuola.
Gli artisti dotati, come il Frosini, si gettano a capofitto su queste opere e ne fanno dei veri “cavalli di battaglia”.
Il 14 febbraio 1900 al Costanzi di Roma, arride un grande successo a Tosca. Subito tutti i teatri vogliono rappresentarla. Frosini sar・fra i primi a metterla in repertorio. La parte di Mario Cavaradossi gli sta a pennello e la porta trionfante in tanti teatri, grandi e piccoli, in Italia e all’estero.
Anche i cachet sono adeguati al rango raggiunto dal tenore lastrigiano. Un telegramma dell’11 febbraio 1900 ・molto chiaro in proposito: “Accettate mille lire come convenuto con Cesari. Firmato Broglio, del teatro di Cremona”. Lascia l’Italia per alcune tournéé all’estero.
L’impresario Deliliers lo scrittura per il teatro Princesa di Madrid nelle opere Carmen, L’africana, Gli Ugonotti.
Nei teatri del sudamerica riporta grandi successi specialmente nelle sue preferite Cavalleria, Pagliacci, e Tosca. Una cronaca delle recite al teatro Colyseum scrive: “O tenor Ottavio Frosini obteve un triupho completo”.
E di trionfi parlano anche le cronache dei giornali tedeschi. Nel gennaio 1900 è al teatro Duse di Bologna in Pagliacci e in Carmen accanto a Titta Ruffo, anche lui molto giovane; e sono grandi serate! Pochi giorni dopo, al Pagliano di Firenze rinnova i successi riportati qualche tempo prima all’Arena Nazionale in Cavalleria.
Il 1900 è l’anno della sua consacrazione definitiva.
Si conferma nei maggiori teatri, fra i quali: Firenze, Roma, Catania, Genova, Brescia, Como, Venezia, preferendo questo teatro che gli offre una lunga stagione, alla Scala, che gli offre un solo titolo.
Invitato in alcuni teatri per le onoranze a Giuseppe Verdi.
Al teatro Grande di Brescia riporta un bel successo cantando in due ruoli completamente diversi: Lohengrin e Fenton. Deve ripetere la romanza di Lohengrin Da voi lontan in sconosciuta terra e il Sonetto di Fenton, “detto superbamente, con purezza di voce”. Nel maggio/giugno 1901 ・all’Adriano di Roma in Gioconda, L’africana, Faust.
Poi a Catania e Palermo in L’africana, Rigoletto e Aida. Molte sono le recite di Tosca che debutta trionfalmente a Ferrara, ripetendo Recondita armonia, O dolci mani, E lucevan le stelle, che poi canterà ovunque.
ネ presente in molti teatri, con belle recensioni che raggiungono toni entusiastici come quelle della stagione 1907/8 a
Petruzzelli dove esegue: Andrea Ch駭ier, Cavalleria e Pagliacci, Tosca e la novit・Velda del maestro Cassano.
Petruzzelli dove esegue: Andrea Ch駭ier, Cavalleria e Pagliacci, Tosca e la novit・Velda del maestro Cassano.
Al culmine della carriera mette in scena anche Otello; ed è fra i pochi a cimentarsi in questo terribile ruolo quando è ancora attuale l’eco dell’interpretazione di Tamagno, ancora vivo e vegeto.
Lo porta al Donizetti di Bergamo ed in altri teatri. A Taranto si tratta di una “prima” e viene così recensito: “Il Frosini che ha voce melodiosa, limpida, uguale, perfettamente intonata e modulata a seconda delle passioni che deve esprimere, fu una felice incarnazione di Otello.
Selvaggiamente passionale prima, innanzi a Desdemona, manda lampi di odio dopo, quando è incalzato dalla gelosia.
Ha fremiti, scatti, impeti di vendetta che hanno il doloroso epilogo nel sacrificio di un’innocente vittima, innanzi a cui egli sospira note delicate che esprimono lo strazio dell’animo suo, che non puù resistere innanzi allo scempio del suo amore. Il suo pugnale scende a squarciare il petto, ed egli cade rotolante ai piedi della sua donna”. Otello entra nel suo repertorio.
Lo troviamo ancora nel 1910 in una cronaca da Conegliano: “Fu un trionfo completo. Il tenore Ottavio Frosini fu ripetutamente applaudito fin dal famoso Esultate, e poi nell’aria Ora e per sempre addio sante memorie e nelle scene drammatiche del 2ー e 3ー atto e alla fine del 4ー, ove specialmente riuscì efficacissimo”.
Un’altro personaggio che gli porta tanti successi è Radames in Aida.
Ecco cosa si scrive dopo le recite di Catania: “Un Radames di prim’ordine - voce bella, sicura, mezza voce paradisiaca, acuti limpidi, interpretazione accurata, finezza di canto, un complesso di numeri che concorrono a proclamare l’attore cantante degno del massimo trionfo. Vera stoffa d’artista completo”.
Nello sfogliare il suo album di ricordi, con cronache tanto dettagliate, ci possiamo fare un’idea delle varie interpretazioni e di quello che erano le serate d’opera. Il pubblico, di allora frequentava molto il teatro e si faceva sentire, decretava i trionfi o le sonore contestazioni, fino ad alcuni eccessi, come accadde al teatro Dante di Campi Bisenzio, dove i fanatici rincorsero un tenore reo di aver cantato tanto male la parte di Pollione in Norma.
Lo porta al Donizetti di Bergamo ed in altri teatri. A Taranto si tratta di una “prima” e viene così recensito: “Il Frosini che ha voce melodiosa, limpida, uguale, perfettamente intonata e modulata a seconda delle passioni che deve esprimere, fu una felice incarnazione di Otello.
Selvaggiamente passionale prima, innanzi a Desdemona, manda lampi di odio dopo, quando è incalzato dalla gelosia.
Ha fremiti, scatti, impeti di vendetta che hanno il doloroso epilogo nel sacrificio di un’innocente vittima, innanzi a cui egli sospira note delicate che esprimono lo strazio dell’animo suo, che non puù resistere innanzi allo scempio del suo amore. Il suo pugnale scende a squarciare il petto, ed egli cade rotolante ai piedi della sua donna”. Otello entra nel suo repertorio.
Lo troviamo ancora nel 1910 in una cronaca da Conegliano: “Fu un trionfo completo. Il tenore Ottavio Frosini fu ripetutamente applaudito fin dal famoso Esultate, e poi nell’aria Ora e per sempre addio sante memorie e nelle scene drammatiche del 2ー e 3ー atto e alla fine del 4ー, ove specialmente riuscì efficacissimo”.
Un’altro personaggio che gli porta tanti successi è Radames in Aida.
Ecco cosa si scrive dopo le recite di Catania: “Un Radames di prim’ordine - voce bella, sicura, mezza voce paradisiaca, acuti limpidi, interpretazione accurata, finezza di canto, un complesso di numeri che concorrono a proclamare l’attore cantante degno del massimo trionfo. Vera stoffa d’artista completo”.
Nello sfogliare il suo album di ricordi, con cronache tanto dettagliate, ci possiamo fare un’idea delle varie interpretazioni e di quello che erano le serate d’opera. Il pubblico, di allora frequentava molto il teatro e si faceva sentire, decretava i trionfi o le sonore contestazioni, fino ad alcuni eccessi, come accadde al teatro Dante di Campi Bisenzio, dove i fanatici rincorsero un tenore reo di aver cantato tanto male la parte di Pollione in Norma.
Ormai famoso torna al suo paese - Lastra a Signa - che lo accoglie in modo trionfale durante un concerto nella bella sala del Circolo Ricreativo dove “mai si era vista affluenza maggiore”.
Sulle colline di Lastra a Signa aveva la sua residenza anche il grande Enrico Caruso, che fino dal 1906 aveva acquistato Villa Bellosguardo e qui tornava da Ada Giachetti e dai suoi figli, nei periodi di riposo dai suoi trionfi nei teatri di tutto il mondo. Molto tempo era passato dal loro primo incontro nella stessa stagione al Mercadante di Napoli.
I due riallacciano una conoscenza che si trasforma in vera amicizia. Sono spesso insieme e, narrano i più vecchi che, quando Caruso cantava, il Frosini gli rispondeva, il flusso melodioso delle due voci attraversava il bosco, non disturbato dai rumori allora pressoché inesistenti, da Villa Bellosguardo a Via VaI di Rose dove abitava il Frosini.
Lasciate le scene, torna definitivamente ad abitare a Lastra a Signa. Coniugato nel 1899 con Adelina Alfano, rimasto vedovo, si sposa nuovamente il 27 Maggio 1927 con Elisa Ferroni, parente del noto pittore Egisto Ferroni.
Muore a Lastra a Signa il 6 dicembre 1945 di polmonite ed è sepolto nella cappella di famiglia nel cimitero della Misericordia.
Di lui non restano purtroppo incisioni discografiche, ma una bella raccolta di cronache dalle quali rileviamo le peculiarità della sua voce e della sua arte, la grande carriera internazionale, così ricca di successi, di bis, di fanatismi, di serate d’onore con regali e sonetti a lui dedicati come si conviene ad un grande artista, quale certamente fu il Frosini.
Sulle colline di Lastra a Signa aveva la sua residenza anche il grande Enrico Caruso, che fino dal 1906 aveva acquistato Villa Bellosguardo e qui tornava da Ada Giachetti e dai suoi figli, nei periodi di riposo dai suoi trionfi nei teatri di tutto il mondo. Molto tempo era passato dal loro primo incontro nella stessa stagione al Mercadante di Napoli.
I due riallacciano una conoscenza che si trasforma in vera amicizia. Sono spesso insieme e, narrano i più vecchi che, quando Caruso cantava, il Frosini gli rispondeva, il flusso melodioso delle due voci attraversava il bosco, non disturbato dai rumori allora pressoché inesistenti, da Villa Bellosguardo a Via VaI di Rose dove abitava il Frosini.
Lasciate le scene, torna definitivamente ad abitare a Lastra a Signa. Coniugato nel 1899 con Adelina Alfano, rimasto vedovo, si sposa nuovamente il 27 Maggio 1927 con Elisa Ferroni, parente del noto pittore Egisto Ferroni.
Muore a Lastra a Signa il 6 dicembre 1945 di polmonite ed è sepolto nella cappella di famiglia nel cimitero della Misericordia.
Di lui non restano purtroppo incisioni discografiche, ma una bella raccolta di cronache dalle quali rileviamo le peculiarità della sua voce e della sua arte, la grande carriera internazionale, così ricca di successi, di bis, di fanatismi, di serate d’onore con regali e sonetti a lui dedicati come si conviene ad un grande artista, quale certamente fu il Frosini.
Mario Del Fante
Dal 2° Volume “DAL GRANDE CARUSO AL PICCOLO CARUSO- Il belcanto in Toscana”