Oltreconfine
La Villa di Artimino
Narra il Baldinucci che, poco tempo dopo la sua ascesa al trono, Ferdinando I si recò a caccia sul colle di Artimino insieme all’architetto Buontalenti.
Quando giunse “sul monte di Artimino vecchio (dove dalla parte di verso Firenze scuopresi una vaga e larghissima veduta di campagna) standosi in atto di sedere sopra un seggiola, chiamò a sé il Buontalenti e dissegli così:
Bernardo, intorno a questo luogo appunto, ove tu mi vedi, io voglio un palazzo che sia sufficiente per me e per tutta la mia corte; or pensaci tu, e fa’ presto”.
E l’architetto mediceo fece davvero presto se, nel 1594, la villa di Artimino, in onore di Ferdinando I detta “La Ferdinanda”, apri i battenti a tutta la corte granducale.
La tradizione vuole che questa villa fosse arredata in modo semplice e quasi disadorno, forse anche perché vi mancano gli affreschi di un certo rilievo, se si fa astrazione dalle figurazioni che adornano la loggia e la cappella della villa, attribuite al Poccetti e a Domenico Passignano.
Le diciassette lunette del salone di rappresentanza detto delle Ville erano state dipinte dal pittore fiammingo Giusto Utens.
Il Passerini invece nota che da una “Descrizione dei quartieri della villa di Artimino”, conservata nell’Archivio della corte granducale lorenese, e della quale afferma possedere una copia,gli affreschi della cappella e della loggia dovrebbero essere attributi a Giovanni di San Giovanni detto il Mannozzi;
il che farebbe supporre che l’esecuzione degli affreschi fosse avvenuta qualche tempo dopo l’edificazione della Villa, per la semplice ragione che il Mannozzi, nato nel 1592, aveva appena due anni all’epoca della sua inaugurazione.
Allo stesso Passerini questa attribuzione appare sospetta, sia perché in tal caso la villa sarebbe rimasta completamente disadorna per almeno sedici anni, il che non sembra verosimile, e sia perché nessun biografo del Mannozzi accenna a lavori eseguiti dal medesimo alla villa di Artimino.
Propendo per l’attribuzione degli affreschi al Poccetti e al Passignano, perché ritengo che essi siano stati eseguiti contemporaneamente all’edificazione della villa.
Già nel 1598 Dionigi Marmi,“Guardaroba di S.A.S. nel palazzo del Poggio e sopra intendente alla fabricha di Artimino”, aveva rilasciato ai messi del Principe, alcune ricevute nelle quali afferma di aver preso in consegna:
Quando giunse “sul monte di Artimino vecchio (dove dalla parte di verso Firenze scuopresi una vaga e larghissima veduta di campagna) standosi in atto di sedere sopra un seggiola, chiamò a sé il Buontalenti e dissegli così:
Bernardo, intorno a questo luogo appunto, ove tu mi vedi, io voglio un palazzo che sia sufficiente per me e per tutta la mia corte; or pensaci tu, e fa’ presto”.
E l’architetto mediceo fece davvero presto se, nel 1594, la villa di Artimino, in onore di Ferdinando I detta “La Ferdinanda”, apri i battenti a tutta la corte granducale.
La tradizione vuole che questa villa fosse arredata in modo semplice e quasi disadorno, forse anche perché vi mancano gli affreschi di un certo rilievo, se si fa astrazione dalle figurazioni che adornano la loggia e la cappella della villa, attribuite al Poccetti e a Domenico Passignano.
Le diciassette lunette del salone di rappresentanza detto delle Ville erano state dipinte dal pittore fiammingo Giusto Utens.
Il Passerini invece nota che da una “Descrizione dei quartieri della villa di Artimino”, conservata nell’Archivio della corte granducale lorenese, e della quale afferma possedere una copia,gli affreschi della cappella e della loggia dovrebbero essere attributi a Giovanni di San Giovanni detto il Mannozzi;
il che farebbe supporre che l’esecuzione degli affreschi fosse avvenuta qualche tempo dopo l’edificazione della Villa, per la semplice ragione che il Mannozzi, nato nel 1592, aveva appena due anni all’epoca della sua inaugurazione.
Allo stesso Passerini questa attribuzione appare sospetta, sia perché in tal caso la villa sarebbe rimasta completamente disadorna per almeno sedici anni, il che non sembra verosimile, e sia perché nessun biografo del Mannozzi accenna a lavori eseguiti dal medesimo alla villa di Artimino.
Propendo per l’attribuzione degli affreschi al Poccetti e al Passignano, perché ritengo che essi siano stati eseguiti contemporaneamente all’edificazione della villa.
Già nel 1598 Dionigi Marmi,“Guardaroba di S.A.S. nel palazzo del Poggio e sopra intendente alla fabricha di Artimino”, aveva rilasciato ai messi del Principe, alcune ricevute nelle quali afferma di aver preso in consegna:
- “Un quadro in tela dentrovvi dipinto pietro aretino di mano di Tiziano con ornamento ordinario”
- “Un quadro in tela senza ornamento, duna madonna col n.ro S.re in collo e il S. Giovannino copiato da una che si crede di mano del frate, venuta di Siena, di mano di Cristofano del Bronzino”
- “Un altro quadro di legniame, con ornamento di nocie dentrovvi il ritratto di S.r Giovanni Medici armato, di mano di Tiziano”
- “Un quadro di legniame, con ornamento indorato, dipintovi Lorenzo Medici duca durbino di mano di raffael da Urbino”
‑“Un quadro grandissimo di legniame fatto a modo di tabernacolo con dua sportelloni da aprire, e serrare, tutto dipinto, dentro come fuora di figure o capricci infernali o, del purgatorio o simili, o sogni di S.to Antonio”.
Viene quindi spontaneo osservare che non mancavano certo nella villa, per quanto arredata sobriamente, opere d’arte di insigni maestri.
Abbiamo trovato Tiziano, Raffaello, Bronzino. I mobili che adornavano le stanze dell’immensa dimora non erano certo di minor valore.
Possibile che soltanto gli affreschi siano stati eseguiti molto tempo dopo?
Gia alla fine dell’800, di questo patrimonio artistico non si conservava piu traccia, mentre una parte dell’arredamento, fra alterne vicende, aveva resistito fino agli anni ’70 del secolo scorso; quando, nel corso di una memorabile asta organizzata dall’allora proprietario Riva, tenuta proprio nei locali della villa e dove erano affluiti anche moltissimi oggetti di altra provenienza, questo fu completamente disperso.
Questa villa, viene chiamata anche “dei cento camini” per gli innumerevoli comignoli che ne costellano il tetto; il popolo la chiama il “Palazzone”.
La scalinata d’accesso alla loggia, sulla facciata di ponente, fu portata a termine nel 1929 per volontà dell’allora proprietaria contessa Maraini, che la fece eseguire su di un disegno originale del Buontalenti rinvenuto nel fondo mediceo.
L’esecuzione di quel lavoro rese necessario lo sbancamento di circa 2400 mc. di roccia, alla quale appunto parte del basamento della facciata di ponente aderiva.
Ciò induce a pensare che il terreno dove sorse la villa non fosse completamente pianeggiante, e che anche all’epoca della costruzione si dovessero operare notevoli sterri.
D’altronde, dalle varie descrizioni che della villa sono state fatte, apprendiamo che dal centro della costruzione si diparte verso sud un ampio corridoio sotterraneo scavato nella roccia, alto circa m. 1,70, che dopo un centinaio di metri usciva alla luce sul declivio del poggio.
Forse all’origine questo sotterraneo rivestiva la funzione di collettore della acque fetide, ma si pensa anche che potesse essere impiegato come uscita segreta in caso di bisogno.
Fra la popolazione del luogo, a proposito di questa galleria, si è sempre favoleggiato di trabocchetti con coltelli acuminati e bestie feroci, accendendo la fantasia di spaventevoli leggende.
Ci sembra interessante rilevare come durante gli scavi per la costruzione della villa non siano pervenute notizie relative al ritrovamento di reperti interessanti, sia come oggetti, sia soprattutto come avanzi di edifici che, siccome proprio in quel punto doveva trovarsi il cuore dell’antica città etrusca, avrebbero dovuto essere presenti.
A questo proposito, si rimane perplessi; quando le ricerche e gli scavi sono stati condotti con criteri scientifici, hanno portato a risultati sorprendenti.
Per esempio appena dietro alla costruzione delle scuderie della villa, è stato rinvenuto il basamento di un tempio etrusco, e a poca distanza si trovano i resti della cinta muraria dell’ antica città di Artimino.
- “Un quadro in tela senza ornamento, duna madonna col n.ro S.re in collo e il S. Giovannino copiato da una che si crede di mano del frate, venuta di Siena, di mano di Cristofano del Bronzino”
- “Un altro quadro di legniame, con ornamento di nocie dentrovvi il ritratto di S.r Giovanni Medici armato, di mano di Tiziano”
- “Un quadro di legniame, con ornamento indorato, dipintovi Lorenzo Medici duca durbino di mano di raffael da Urbino”
‑“Un quadro grandissimo di legniame fatto a modo di tabernacolo con dua sportelloni da aprire, e serrare, tutto dipinto, dentro come fuora di figure o capricci infernali o, del purgatorio o simili, o sogni di S.to Antonio”.
Viene quindi spontaneo osservare che non mancavano certo nella villa, per quanto arredata sobriamente, opere d’arte di insigni maestri.
Abbiamo trovato Tiziano, Raffaello, Bronzino. I mobili che adornavano le stanze dell’immensa dimora non erano certo di minor valore.
Possibile che soltanto gli affreschi siano stati eseguiti molto tempo dopo?
Gia alla fine dell’800, di questo patrimonio artistico non si conservava piu traccia, mentre una parte dell’arredamento, fra alterne vicende, aveva resistito fino agli anni ’70 del secolo scorso; quando, nel corso di una memorabile asta organizzata dall’allora proprietario Riva, tenuta proprio nei locali della villa e dove erano affluiti anche moltissimi oggetti di altra provenienza, questo fu completamente disperso.
Questa villa, viene chiamata anche “dei cento camini” per gli innumerevoli comignoli che ne costellano il tetto; il popolo la chiama il “Palazzone”.
La scalinata d’accesso alla loggia, sulla facciata di ponente, fu portata a termine nel 1929 per volontà dell’allora proprietaria contessa Maraini, che la fece eseguire su di un disegno originale del Buontalenti rinvenuto nel fondo mediceo.
L’esecuzione di quel lavoro rese necessario lo sbancamento di circa 2400 mc. di roccia, alla quale appunto parte del basamento della facciata di ponente aderiva.
Ciò induce a pensare che il terreno dove sorse la villa non fosse completamente pianeggiante, e che anche all’epoca della costruzione si dovessero operare notevoli sterri.
D’altronde, dalle varie descrizioni che della villa sono state fatte, apprendiamo che dal centro della costruzione si diparte verso sud un ampio corridoio sotterraneo scavato nella roccia, alto circa m. 1,70, che dopo un centinaio di metri usciva alla luce sul declivio del poggio.
Forse all’origine questo sotterraneo rivestiva la funzione di collettore della acque fetide, ma si pensa anche che potesse essere impiegato come uscita segreta in caso di bisogno.
Fra la popolazione del luogo, a proposito di questa galleria, si è sempre favoleggiato di trabocchetti con coltelli acuminati e bestie feroci, accendendo la fantasia di spaventevoli leggende.
Ci sembra interessante rilevare come durante gli scavi per la costruzione della villa non siano pervenute notizie relative al ritrovamento di reperti interessanti, sia come oggetti, sia soprattutto come avanzi di edifici che, siccome proprio in quel punto doveva trovarsi il cuore dell’antica città etrusca, avrebbero dovuto essere presenti.
A questo proposito, si rimane perplessi; quando le ricerche e gli scavi sono stati condotti con criteri scientifici, hanno portato a risultati sorprendenti.
Per esempio appena dietro alla costruzione delle scuderie della villa, è stato rinvenuto il basamento di un tempio etrusco, e a poca distanza si trovano i resti della cinta muraria dell’ antica città di Artimino.
Walter Nesti
Fonte :
G.Fossi - W. Nesti
Artimino dalle origini ai nostri giorni
Masso delle Fate edizioni, 2016
Fonte :
G.Fossi - W. Nesti
Artimino dalle origini ai nostri giorni
Masso delle Fate edizioni, 2016