Lastrigiani ed ospiti illustri
(a cura di Mario Del Fante)
Nasce a Firenze in Via Pisana 66/a, presso Porta San Frediano, il 14 Novembre 1902, da Alfredo, fattorino del telegrafo e da Evelina Pani. La famiglia è composta anche dal fratello maggiore Ezio, che poi seguirà una sua strada di cantante, e dalla sorella Rina.
Compie le scuole elementari e per guadagnare qualcosa si adatta a vari lavori: garzone di lattaio e di fornaio, renaiolo sull’Arno ed infine orafo.
Fin da ragazzo gli piace cantare. Ricorda il M° Cesare Cesarini che quando passava davanti alla sua casa gli giungeva la bella voce di uno sconosciuto canterino.
Canta le canzoni più in voga, le serenate sotto le finestre delle innamorate, le romanze da salotto, le canzoni napoletane e gli stornelli a dispetto di cui è un vivace improvvisatore.
Canta nelle feste e nei cinema dove si proiettano le pellicole mute, nelle osterie e abitualmente, al ristorante “Buca di San Ruffillo” elegante e ben frequentato.
Gli amici lo incoraggiano a studiare seriamente il canto e per un breve tempo frequenta la scuola del M° Raoul Frazzi, la più accreditata di Firenze, dalla quale usciranno artisti lirici famosi come Armando Borgioli, Gino Bechi e Rolando Panerai.
Il 2 Luglio 1928 si unisce in matrimonio con Paolina Richetta.
Nella stagione 1928/29 debutta al cinema teatro Apollo di Firenze, con due o tre spettacoli al giorno di varietà che intervallano la proiezione di films.
È ormai un cantante a tempo pieno, i lavori svolti in passato, compreso il più recente di orafo, sono solo un ricordo.
Nel 1929 lo ascolta il M° Tito Petralia e gli fa incidere i primi dischi. Saranno i primi di una serie lunghissima di circa 1700 facciate, vendute in tutto il mondo.
Nel 1930 è al cinema teatro Orfeo di Firenze dove ottiene successi che la critica definisce subito “straordinari”.
I primi di Ottobre dello stesso anno canta al teatro Moderno di Orbetello, che si rivelerà determinante per il suo futuro; infatti, in cartellone c’è una certa LYA - ECCENTRICA, che aveva già incontrato in teatro a Genova, e si unisce a lei per tutta la vita.
La sposerà - dopo l’annullamento del precedente matrimonio - il 24 Ottobre 1953 a Milano, con rito civile, e così Paolina Rossi, in arte Lya, diverrà la sua seconda moglie. (Gli sopravviverà di 30 anni).
Nel 1931 viene scritturato da Francesco Feola per le feste di Piedigrotta a Napoli. Canterà due canzoni in lingua: Amici cari e Città canora e due in napoletano: Destino e’ marinare e Famme campa’ cu’tte. Ha successo e sarà la prima di altre partecipazioni alle feste napoletane.
Intanto Lya si ritira dalle scene e si dedica alla carriera di Carlo, lo segue nei vari teatri e segue l’amministrazione dei beni piuttosto cospicui, con buoni risultati.
L’apparizione di Carlo Buti e il suo boom, perché di vero boom si tratta, coincide con un momento particolare nella storia della musica cosiddetta leggera e fra questa vogliamo includere la romanza da salotto, la canzone napoletana, la musica popolare e da ballo.
La Canzone Italiana, sia essa sentimentale, popolare, patriottica o sociale, nasce dalla fusione fra i generi: da salotto-napoletano-popolare, trova nella radio fino dagli anni trenta la sua grande cassa di risonanza. Il suo alfiere si chiama Carlo Buti.
È il momento del suo grande lancio, nazionale ed internazionale.
Canta ovunque e incide canzoni a getto continuo che avranno un grande successo.
Per valutare appieno questo successo dobbiamo considerare che i dischi di canzoni erano incisi da fini dicitori come Gino Franzi, Armando Gill e Vittorio De Sica, mentre quelle “di voce” avevano per interpreti i grandi cantanti lirici: Gigli, Schipa e poi Bechi, Tagliavini, Lugo, De Muro Lomanto, Albanese, oppure tenorini come Livi, Orlandis, Capponi, Del Signore.
Buti mette tutti d’accordo, diventa l’interprete completo per la romanza da salotto, per quella napoletana, per quella sentimentale, per quella che, riassumendo e fondendo il tutto si chiamerà: LA CANZONE ITALIANA.
E la grande diffusione dei suoi dischi è da ritenersi ancor più eccezionale se consideriamo che i grammofoni sui quali venivano suonati erano pochi ad averli e la pubblicità era una piccola cosa, non paragonabile nemmeno lontanamente all’attuale.
Dotato da madre natura di un timbro molto bello, leggermente ingolato, ma denso, vellutato e sonoro; canta “sul fiato” come nessun altro e questa prerogativa sarà oggetto d’invidia da parte di tanti cantanti lirici.
Con studi più severi avrebbe potuto tranquillamente affrontare anche il melodramma (ma, forse, non lo fece di proposito preferendo essere il primo nella canzone che secondo in campo operistico).
Con queste doti, unite ad una rara sensibilità d’interprete, divenne un grande, divenne un fenomeno, non solo in Italia ma anche all’estero, soprattutto in America.
Così come Caruso, agli inizi del secolo, contribuì moltissimo alla diffusione del disco, anche Buti darà il suo grande contributo al lancio mondiale dei dischi di canzoni, togliendo il primato ai grandi nomi della lirica ed ai tenorini.
Compone anche diverse canzoni, fra queste la più famosa risulterà Il primo amore scritta nel 1930, parole e musica sue.
Fra le altre ricordiamo: Canta per me, Serenata sconosciuta, Serenatella, Nostalgie fiorentine, Campagnola fiorentina.
Ricordare le canzoni del suo sterminato repertorio, eseguite con maggior successo, comporterebbe un elenco molto lungo, ma non possiamo non ricordare, oltre a Primo amore anche Chitarratella, Violino Tzigano, Reginella campagnola, Rondinella forestiera, Le rose rosse, Piccola Butterfly, Finestra chiusa, Mamma, Miniera, Firenze sogna, Madonna fiorentina, Reginella, Cara piccina, Signora fortuna, Chitarra romana e… tante ne potremmo ancora ricordare.
È un divo famosissimo.
Dal catalogo Columbia 1937, desumiamo una speciale classifica fatta in base alle pagine che riportano l’elenco dei dischi di ciascun cantante: 4 pagine per i dischi di Enzo De Muro Lomanto, per quelli di Crivel e di Franco Lary, 2 pagine per quelli di Rodolfo De Angelis, Vittorio De Sica, il quartetto chitarristico di Romano Del Pelo e per la cantante francese Lucienne Boyer, mentre 23 pagine riportano – in ordine alfabetico- tutti i dischi di Carlo Buti.
Dopo 3 anni, nel 1940, lo stesso catalogo riporta De Muro Lomanto con 5 pagine, Myriam Ferretti, De Angelis, De Sica e Mario Latilla (padre del famoso Gino) 2 pagine, Carlo Buti ben 35 pagine.
Nel 1937 compie la sua prima tournée in America. Una folla enorme lo sta aspettando sulla banchina del porto di New York, tanto che la polizia è costretta a nasconderlo in una autorimessa per sottrarlo alla folla entusiasta.
Debutta al Cine-Roma di Brodway e subito si parla di fenomeno Buti, di mito Buti, di follia collettiva per Buti, tanti sono i successi che riporta ovunque, dopo l’accoglienza addirittura trionfale al suo arrivo.
È tanto famoso che anche il cinema cerca di sfruttare questa diffusa popolarità. Di ritorno dall’America, gira il film PER UOMINI SOLI con Antonio Gandusio, Paola Barbara e regia di Guido Brignone.
Non è un bel film, ma contribuirà a farlo conoscere anche nei paesini più sperduti.
Nel Maggio 1938 torna in America, canta allo stesso Cine-Roma del debutto, e poi compie una lunga tournée con esiti trionfali nelle varie canzoni ed in particolare in Donn’Ama’.
Di ritorno a Brodway viene proiettato al Cine-Roma il suo film che tiene cartello per 28 giorni di esauriti. Ritorna in Italia nel mese di giugno e dovrebbe subito ripartire per l’Argentina, ma cominciano a soffiare venti di guerra e decide di rimandare.
In Argentina andrà nel 1946 proveniente dal Brasile. Debutta al Casinò di Buenos Aires, dove in un mese si contano 240.000 spettatori, cifra record mai più raggiunta da nessuno. In quel periodo è presente in varie trasmissioni radiofoniche.
Registra anche per Radio Belgrado che va in onda 3 volte la settimana ed è ascoltatissima anche in Italia. È ospite fisso della stazione radio argentina con il programma “Hora de Italia”.
Tutta la stampa parla di fenomeno, perché non si era mai verificato prima un caso simile, per un cantante di musica leggera che per la prima volta mette piede in Argentina (come qualche anno prima a New York) preannunciato solo dai suoi dischi.
Fra i tanti concerti, ne tiene diversi anche per beneficenza: “per gli orfani di guerra” o per “aiuti all’Italia”, tanto che il console Moscati gli indirizza parole di vivo ringraziamento per questa generosità.
I successi sono addirittura superiori a quelli ottenuti anni prima nell’America del nord. Mi diceva Gino Bechi, che all’epoca si trovava al Colon di Buenos Aires: “Fra tutti noi, io, Gigli, Caniglia, Stignani, Pasero, Masini ecc. era quello che inviava in Italia le somme più alte in valuta straniera” e che laggiù “mangiavano pane e… Buti”
Per avere un’idea della sua enorme popolarità, basta vedere un manifesto che annuncia un avvenimento sportivo: “Stadio River Plate – A totale beneficio del Popolo Italiano - / Incontro calcistico fra le squadre combinate: / River Plate-Penarol / e / Independiente-Nacional / interverrà / Carlo Buti “
Durante la sua lunghissima permanenza in America è visto da tutte le celebrità dello spettacolo, a New York come in altre città, che puntualmente gli rivolgono il loro plauso.
Ma è soprattutto esaltante il contatto con il vasto pubblico che ha modo di incontrarlo durante gli spettacoli, come annuncia una locandina: “4 ore di spettacolo con Carlo Buti in persona e films italiani con Gino Bechi”.
Il 26 Aprile 1953 è di nuovo in Argentina e lasciamo alla stampa il commento del suo esordio: “… Ma quando è venuta la volta di Carlo Buti, le acclamazioni hanno raggiunto lo scroscio dell’uragano… il re della melodia è in forma spettacolosa.”
Nell’Ottobre 1953, come abbiamo già detto, si sposa con Lya.
Nonostante sia sempre in gran forma, dirada molto gli impegni artistici; è una sua scelta, tanto è cresciuto in lui il desiderio di quiete e di dolce far niente.
Farà ancora alcune apparizioni, canterà al Festival di San Remo come ospite d’onore, rifiuterà offerte incredibili, che continuano ad arrivare da ogni parte del mondo.
Nel 1961, dopo cinque anni dall’abbandono delle scene, gli giunge un’offerta di 10 milioni di dollari per una tournée di 40 giorni, vedette di un proprio spettacolo, da presentare agli italo/americani degli Stati Uniti, che rifiuta. Dice no anche all’amico e collega Narciso Parigi, che lo vuole anche come semplice presenza, per un giro di spettacoli in America.
Di lui restano le testimonianze autorevoli di Toscanini, Gigli, Schipa, Bechi, Di Stefano, Masini, Panerai e di tanti grandi artisti, che avevano assistito ai suoi spettacoli, e dei milioni di spettatori che ancora lo ricordano.
Restano i suoi dischi che riportano più o meno fedelmente le sue interpretazioni e la sua voce: circa 1700 canzoni incise dal 1930 al 1956, l’Ave Maria di Schubert, le romanze da salotto come Ideale di Tosti e la Mattinata di Leoncavallo, le canzoni napoletane, gli stornelli ed anche due pezzi d’opera incisi nel 1930: Amor ti vieta da Fedora di Giordano e la Serenata di Arlecchino da I Pagliacci di Leoncavallo.
Ci lascia il suo film, introvabile, e gli echi degli appellativi riportati nelle locandine dei suoi spettacoli: “L’astro della canzone popolare – La voce d’oro della canzone italiana – Il mago della canzone - Il dominatore che ammalia le platee - il cantore melodico italiano - La golden voice - L’unico - L’inimitabile” - ecc.ecc. che sintetizzano la sua arte e la sua popolarità.
Carlo Buti, cenni biografici
(a cura di Mario Del Fante)
Nasce a Firenze in Via Pisana 66/a, presso Porta San Frediano, il 14 Novembre 1902, da Alfredo, fattorino del telegrafo e da Evelina Pani. La famiglia è composta anche dal fratello maggiore Ezio, che poi seguirà una sua strada di cantante, e dalla sorella Rina.
Compie le scuole elementari e per guadagnare qualcosa si adatta a vari lavori: garzone di lattaio e di fornaio, renaiolo sull’Arno ed infine orafo.
Fin da ragazzo gli piace cantare. Ricorda il M° Cesare Cesarini che quando passava davanti alla sua casa gli giungeva la bella voce di uno sconosciuto canterino.
Canta le canzoni più in voga, le serenate sotto le finestre delle innamorate, le romanze da salotto, le canzoni napoletane e gli stornelli a dispetto di cui è un vivace improvvisatore.
Canta nelle feste e nei cinema dove si proiettano le pellicole mute, nelle osterie e abitualmente, al ristorante “Buca di San Ruffillo” elegante e ben frequentato.
Gli amici lo incoraggiano a studiare seriamente il canto e per un breve tempo frequenta la scuola del M° Raoul Frazzi, la più accreditata di Firenze, dalla quale usciranno artisti lirici famosi come Armando Borgioli, Gino Bechi e Rolando Panerai.
Il 2 Luglio 1928 si unisce in matrimonio con Paolina Richetta.
Nella stagione 1928/29 debutta al cinema teatro Apollo di Firenze, con due o tre spettacoli al giorno di varietà che intervallano la proiezione di films.
È ormai un cantante a tempo pieno, i lavori svolti in passato, compreso il più recente di orafo, sono solo un ricordo.
Nel 1929 lo ascolta il M° Tito Petralia e gli fa incidere i primi dischi. Saranno i primi di una serie lunghissima di circa 1700 facciate, vendute in tutto il mondo.
Nel 1930 è al cinema teatro Orfeo di Firenze dove ottiene successi che la critica definisce subito “straordinari”.
I primi di Ottobre dello stesso anno canta al teatro Moderno di Orbetello, che si rivelerà determinante per il suo futuro; infatti, in cartellone c’è una certa LYA - ECCENTRICA, che aveva già incontrato in teatro a Genova, e si unisce a lei per tutta la vita.
La sposerà - dopo l’annullamento del precedente matrimonio - il 24 Ottobre 1953 a Milano, con rito civile, e così Paolina Rossi, in arte Lya, diverrà la sua seconda moglie. (Gli sopravviverà di 30 anni).
Nel 1931 viene scritturato da Francesco Feola per le feste di Piedigrotta a Napoli. Canterà due canzoni in lingua: Amici cari e Città canora e due in napoletano: Destino e’ marinare e Famme campa’ cu’tte. Ha successo e sarà la prima di altre partecipazioni alle feste napoletane.
Intanto Lya si ritira dalle scene e si dedica alla carriera di Carlo, lo segue nei vari teatri e segue l’amministrazione dei beni piuttosto cospicui, con buoni risultati.
L’apparizione di Carlo Buti e il suo boom, perché di vero boom si tratta, coincide con un momento particolare nella storia della musica cosiddetta leggera e fra questa vogliamo includere la romanza da salotto, la canzone napoletana, la musica popolare e da ballo.
La Canzone Italiana, sia essa sentimentale, popolare, patriottica o sociale, nasce dalla fusione fra i generi: da salotto-napoletano-popolare, trova nella radio fino dagli anni trenta la sua grande cassa di risonanza. Il suo alfiere si chiama Carlo Buti.
È il momento del suo grande lancio, nazionale ed internazionale.
Canta ovunque e incide canzoni a getto continuo che avranno un grande successo.
Per valutare appieno questo successo dobbiamo considerare che i dischi di canzoni erano incisi da fini dicitori come Gino Franzi, Armando Gill e Vittorio De Sica, mentre quelle “di voce” avevano per interpreti i grandi cantanti lirici: Gigli, Schipa e poi Bechi, Tagliavini, Lugo, De Muro Lomanto, Albanese, oppure tenorini come Livi, Orlandis, Capponi, Del Signore.
Buti mette tutti d’accordo, diventa l’interprete completo per la romanza da salotto, per quella napoletana, per quella sentimentale, per quella che, riassumendo e fondendo il tutto si chiamerà: LA CANZONE ITALIANA.
E la grande diffusione dei suoi dischi è da ritenersi ancor più eccezionale se consideriamo che i grammofoni sui quali venivano suonati erano pochi ad averli e la pubblicità era una piccola cosa, non paragonabile nemmeno lontanamente all’attuale.
Dotato da madre natura di un timbro molto bello, leggermente ingolato, ma denso, vellutato e sonoro; canta “sul fiato” come nessun altro e questa prerogativa sarà oggetto d’invidia da parte di tanti cantanti lirici.
Con studi più severi avrebbe potuto tranquillamente affrontare anche il melodramma (ma, forse, non lo fece di proposito preferendo essere il primo nella canzone che secondo in campo operistico).
Con queste doti, unite ad una rara sensibilità d’interprete, divenne un grande, divenne un fenomeno, non solo in Italia ma anche all’estero, soprattutto in America.
Così come Caruso, agli inizi del secolo, contribuì moltissimo alla diffusione del disco, anche Buti darà il suo grande contributo al lancio mondiale dei dischi di canzoni, togliendo il primato ai grandi nomi della lirica ed ai tenorini.
Compone anche diverse canzoni, fra queste la più famosa risulterà Il primo amore scritta nel 1930, parole e musica sue.
Fra le altre ricordiamo: Canta per me, Serenata sconosciuta, Serenatella, Nostalgie fiorentine, Campagnola fiorentina.
Ricordare le canzoni del suo sterminato repertorio, eseguite con maggior successo, comporterebbe un elenco molto lungo, ma non possiamo non ricordare, oltre a Primo amore anche Chitarratella, Violino Tzigano, Reginella campagnola, Rondinella forestiera, Le rose rosse, Piccola Butterfly, Finestra chiusa, Mamma, Miniera, Firenze sogna, Madonna fiorentina, Reginella, Cara piccina, Signora fortuna, Chitarra romana e… tante ne potremmo ancora ricordare.
È un divo famosissimo.
Dal catalogo Columbia 1937, desumiamo una speciale classifica fatta in base alle pagine che riportano l’elenco dei dischi di ciascun cantante: 4 pagine per i dischi di Enzo De Muro Lomanto, per quelli di Crivel e di Franco Lary, 2 pagine per quelli di Rodolfo De Angelis, Vittorio De Sica, il quartetto chitarristico di Romano Del Pelo e per la cantante francese Lucienne Boyer, mentre 23 pagine riportano – in ordine alfabetico- tutti i dischi di Carlo Buti.
Dopo 3 anni, nel 1940, lo stesso catalogo riporta De Muro Lomanto con 5 pagine, Myriam Ferretti, De Angelis, De Sica e Mario Latilla (padre del famoso Gino) 2 pagine, Carlo Buti ben 35 pagine.
Nel 1937 compie la sua prima tournée in America. Una folla enorme lo sta aspettando sulla banchina del porto di New York, tanto che la polizia è costretta a nasconderlo in una autorimessa per sottrarlo alla folla entusiasta.
Debutta al Cine-Roma di Brodway e subito si parla di fenomeno Buti, di mito Buti, di follia collettiva per Buti, tanti sono i successi che riporta ovunque, dopo l’accoglienza addirittura trionfale al suo arrivo.
È tanto famoso che anche il cinema cerca di sfruttare questa diffusa popolarità. Di ritorno dall’America, gira il film PER UOMINI SOLI con Antonio Gandusio, Paola Barbara e regia di Guido Brignone.
Non è un bel film, ma contribuirà a farlo conoscere anche nei paesini più sperduti.
Nel Maggio 1938 torna in America, canta allo stesso Cine-Roma del debutto, e poi compie una lunga tournée con esiti trionfali nelle varie canzoni ed in particolare in Donn’Ama’.
Di ritorno a Brodway viene proiettato al Cine-Roma il suo film che tiene cartello per 28 giorni di esauriti. Ritorna in Italia nel mese di giugno e dovrebbe subito ripartire per l’Argentina, ma cominciano a soffiare venti di guerra e decide di rimandare.
In Argentina andrà nel 1946 proveniente dal Brasile. Debutta al Casinò di Buenos Aires, dove in un mese si contano 240.000 spettatori, cifra record mai più raggiunta da nessuno. In quel periodo è presente in varie trasmissioni radiofoniche.
Registra anche per Radio Belgrado che va in onda 3 volte la settimana ed è ascoltatissima anche in Italia. È ospite fisso della stazione radio argentina con il programma “Hora de Italia”.
Tutta la stampa parla di fenomeno, perché non si era mai verificato prima un caso simile, per un cantante di musica leggera che per la prima volta mette piede in Argentina (come qualche anno prima a New York) preannunciato solo dai suoi dischi.
Fra i tanti concerti, ne tiene diversi anche per beneficenza: “per gli orfani di guerra” o per “aiuti all’Italia”, tanto che il console Moscati gli indirizza parole di vivo ringraziamento per questa generosità.
I successi sono addirittura superiori a quelli ottenuti anni prima nell’America del nord. Mi diceva Gino Bechi, che all’epoca si trovava al Colon di Buenos Aires: “Fra tutti noi, io, Gigli, Caniglia, Stignani, Pasero, Masini ecc. era quello che inviava in Italia le somme più alte in valuta straniera” e che laggiù “mangiavano pane e… Buti”
Per avere un’idea della sua enorme popolarità, basta vedere un manifesto che annuncia un avvenimento sportivo: “Stadio River Plate – A totale beneficio del Popolo Italiano - / Incontro calcistico fra le squadre combinate: / River Plate-Penarol / e / Independiente-Nacional / interverrà / Carlo Buti “
Durante la sua lunghissima permanenza in America è visto da tutte le celebrità dello spettacolo, a New York come in altre città, che puntualmente gli rivolgono il loro plauso.
Ma è soprattutto esaltante il contatto con il vasto pubblico che ha modo di incontrarlo durante gli spettacoli, come annuncia una locandina: “4 ore di spettacolo con Carlo Buti in persona e films italiani con Gino Bechi”.
Il 26 Aprile 1953 è di nuovo in Argentina e lasciamo alla stampa il commento del suo esordio: “… Ma quando è venuta la volta di Carlo Buti, le acclamazioni hanno raggiunto lo scroscio dell’uragano… il re della melodia è in forma spettacolosa.”
Nell’Ottobre 1953, come abbiamo già detto, si sposa con Lya.
Nonostante sia sempre in gran forma, dirada molto gli impegni artistici; è una sua scelta, tanto è cresciuto in lui il desiderio di quiete e di dolce far niente.
Farà ancora alcune apparizioni, canterà al Festival di San Remo come ospite d’onore, rifiuterà offerte incredibili, che continuano ad arrivare da ogni parte del mondo.
Nel 1961, dopo cinque anni dall’abbandono delle scene, gli giunge un’offerta di 10 milioni di dollari per una tournée di 40 giorni, vedette di un proprio spettacolo, da presentare agli italo/americani degli Stati Uniti, che rifiuta. Dice no anche all’amico e collega Narciso Parigi, che lo vuole anche come semplice presenza, per un giro di spettacoli in America.
Di lui restano le testimonianze autorevoli di Toscanini, Gigli, Schipa, Bechi, Di Stefano, Masini, Panerai e di tanti grandi artisti, che avevano assistito ai suoi spettacoli, e dei milioni di spettatori che ancora lo ricordano.
Restano i suoi dischi che riportano più o meno fedelmente le sue interpretazioni e la sua voce: circa 1700 canzoni incise dal 1930 al 1956, l’Ave Maria di Schubert, le romanze da salotto come Ideale di Tosti e la Mattinata di Leoncavallo, le canzoni napoletane, gli stornelli ed anche due pezzi d’opera incisi nel 1930: Amor ti vieta da Fedora di Giordano e la Serenata di Arlecchino da I Pagliacci di Leoncavallo.
Ci lascia il suo film, introvabile, e gli echi degli appellativi riportati nelle locandine dei suoi spettacoli: “L’astro della canzone popolare – La voce d’oro della canzone italiana – Il mago della canzone - Il dominatore che ammalia le platee - il cantore melodico italiano - La golden voice - L’unico - L’inimitabile” - ecc.ecc. che sintetizzano la sua arte e la sua popolarità.