Galileo Galilei - Lettera a Marco Velseri circa le macchie solari pag 2
Lastra, Villa delle Selve, 4 Maggio 1612 pag. 2/12
È ben vero che a me pare che il moto sia verso le parti contrarie a quelle che l'Apelle asserisce, cioè da occidente verso oriente, declinando dal mezzogiorno in settentrione, e non da oriente verso occidente e da borea verso mezzogiorno; il che anco nell'osservazioni descritte da lui medesimo, le quali in questo confrontano con le mie e con quante io ne ho vedute di altri, assai chiaramente si scorge: dove si veggon le macchie osservate nel tramontar del Sole mutarsi di sera in sera, descendendo dalle parti superiori del Sole verso le inferiori; e quelle della mattina ascendendo dalle inferiori verso le superiori, scoprendosi nel primo apparire nelle parti più australi del corpo solare, ed occultandosi o separandosi da quello nelle parti più boreali, descrivendo in somma nella faccia del Sole linee per quel verso appunto che fariano Venere o Mercurio, quando nel passar sotto 'l Sole s'interponessero tra quello e l'occhio nostro.
Il movimento, dunque, delle macchie rispetto al Sole appar simile a quello di Venere e di Mercurio e de gli altri pianeti ancora intorno al medesimo Sole, il qual moto è da ponente a levante, e per l'obliquità dell'orizonte ci sembra declinare da mezzogiorno in settentrione. Se Apelle non supponesse che le macchie girassero intorno al Sole, ma che solamente gli passassero sotto, è vero che il moto loro doveria chiamarsi da levante a ponente; ma supponendo che quelle gli descrivino intorno cerchii, e che ora gli siano superiori ora inferiori, tali revoluzioni devono chiamarsi fatte da occidente verso oriente, perché per tal verso si muovono quando sono nella parte superiore de i loro cerchi.
Stabilito che ha l'autore, che le macchie vedute non sono illusioni dell'occhiale o difetti dell'occhio, cerca di determinare in universale qualche cosa circa il luogo loro, mostrando che non sono né in aria né nel corpo solare.
Quanto al primo, la mancanza di parallasse notabile mostra di concluder necessariamente, le macchie non esser nell'aria, cioè vicine alla Terra, dentro a quello spazio che comunemente si assegna all'elemento dell'aria.
Ma che le non possin esser nel corpo solare, non mi par con intera necessità dimostrato; perché il dire, come egli mette nella prima ragione, non esser credibile che nel corpo solare siano macchie oscure, essendo egli lucidissimo, non conclude: perché in tanto doviamo noi dargli titolo di purissimo e lucidissimo, in quanto non sono in lui state vedute tenebre o impurità alcuna; ma quando ci si mostrasse in parte impuro e macchiato, perché non doveremmo noi chiamarlo e macolato e non puro?
I nomi e gli attributi si devono accomodare all'essenza delle cose, e non l'essenza a i nomi; perché prima furon le cose, e poi i nomi.
La seconda ragione concluderebbe necessariamente, quando tali macchie fussero permanenti ed immutabili; ma di questa parlerò più di sotto.
Quello che in questo luogo vien detto da Apelle, cioè che le macchie apparenti nel Sole siano molto più negre di quelle che mai si siano vedute nella Luna, credo che assolutamente sia falso; anzi stimo che le macchie vedute nel Sole siano non solamente meno oscure delle macchie tenebrose che nella Luna si scorgono, ma che le siano non meno lucide delle più luminose parti della Luna, quand'anche il Sole più direttamente l'illustra: e la ragione che a ciò creder m'induce, è tale.