Lastra a Signa, curiosità

Galileo Galilei - Lettera a Marco Velseri circa le macchie solari pag 9


Lastra, Villa delle Selve, 4 Maggio 1612 pag. 9/12

All'interrogazione ch'ei fa, quant'esse fussero grandi, direi: "Quali noi le veggiamo essere in comparazione del Sole; grandi quanto quelle che talvolta occupano una gran provincia della Terra"; e se tanto non bastasse, direi due, tre, quattro e dieci volte tanto.

E finalmente, al terzo impossibile ch'ei produce, come esse potessero far tant'ombra, risponderei, la lor negrezza esser minore di quella che ci rappresenterebbono le nostre nugole più dense, quando tra l'occhio nostro ed il Sole fossero interposte: il che si potrà osservare benissimo, quando tal volta una delle più oscure nugole ricuopre una parte del Sole, e che nella parte scoperta vi sia alcuna delle macchie, perché si scorgerà tra la negrezza di questa e di quella non piccola differenza, ancor che l'estremità della nugola, che traversa il Sole, non possa esser di gran profondità; perloché possiamo arguire che una crassissima nugola potrebbe far una negrezza molto maggiore di quella delle più scure macchie.

Ma quando pur ciò non fosse, chi ci vieterebbe il credere e dire, alcuna delle nubi solari esser più densa e profonda delle terrene?

Io non per questo affermo, tali macchie esser nugole della medesima sustanza delle nostre, costituite da vapori aquei sollevati dalla Terra ed attratti dal Sole; ma solo dico che noi non aviamo cognizione di cosa alcuna che più le rassimigli: siano poi o vapori, o esalazioni, o nugole, o fumi prodotti dal corpo solare, o da quello attratti da altre bande, questo a me è incerto, potendo esser mille altre cose impercettibili da noi.

Dalle cose dette si può raccòrre, come a queste macchie mal convenga il nome di stelle: poi che le stelle, o siano fisse o siano erranti, mostrano di mantener sempre la loro figura, e questa essere sferica; non si vede che altre si dissolvino ed altre di nuovo si produchino, ma sempre si conservano le medesime; ed hanno i movimenti loro periodici, li quali dopo alcun determinato tempo ritornano: ma queste macchie non si vede che ritornino le medesime, anzi all'incontro alcune si veggono dissolvere in faccia del Sole; e credo che in vano si aspetti il ritorno di quelle che par ad Apelle che possino rivolgersi intorno al Sole in cerchi molto angusti.

Mancano, dunque, delle principali condizioni che competono a quei corpi naturali a i quali noi abbiamo attribuito il nome di stelle.

Che poi le si debbino chiamare stelle perché son corpi opachi, e più densi della sostanza del cielo, e però che resistino al Sole, e da quello grandemente venghino illustrate in quella parte ch'è percossa da i raggi, e dall'opposta produchino ombra molto profonda etc., queste son condizioni che competono ad ogni sasso, al legno, alle nugole più dense, ed in somma a tutti i corpi opachi: ed una palla di marmo resiste per la sua opacità al lume del Sole, da quello viene illustrata, come la Luna o Venere, e dalla parte opposta produce ombra, tal che per questi rispetti potrebbe nominarsi una stella; ma perché gli mancano l'altre condizioni più essenziali, delle quali sono altresì spogliate le macchie solari, però par che il nome di stella non deva esserli attribuito. ù

 

 



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