Lastra a Signa, curiosità
Lastra, Villa delle Selve, 1° dicembre 1612 pag. 5/20
Quanto alla maniera del dimostrare, trappasso che qualche astronomo più scrupoloso di me potrebbe risentirsi nel veder trattar archi di cerchi come se fossero linee rette, sottoponendogli a gli stessi sintomi: ma io non ne voglio tener conto, perché nel caso nostro particolare non cascano in uso archi così grandi, che l'error nel computo riesca poi di soverchio notabile.
Ma ammessa anco per esquisita tutta la dimostrazione di Apelle, io non però posso ancor penetrar interamente quello che egli abbia, in virtù di essa, preteso di ottenere da chi volesse persistere in negare la conversione di Venere intorno al Sole: perché, o gli avversarii ammetteranno per giusti i calcoli del Magini, o gli averanno per dubbii e fallaci; se gli hanno per dubbii, la fatica d'Apelle resta come inefficace, con dimostrando ella che Venere veramente venisse alla corporal congiunzione; ma se gli concedono per veri, non era necessario altro computo, bastando la sola differenza de i movimenti del Sole e della stella, insieme con la sua latitudine, presa dall'istesse Efemeridi, a intender come tal congiunzione doveva necessariamente durar tante ore, che molte e molte volte si poteva replicar l'osservazione. Né meno era necessariio il far triplicato esame sopra 'l principio mezo e fine del congresso, essendo notissimo che i calcoli sono aggiustati al mezo della congiunzione; li quali quando ammettessero errore, non però verrebbono necessariamente emendati dal riferirgli al principio o al fine del congresso, non constando ragion alcuna per la qual s'intenda non esser possibile in un calcolo d'una congiunzione errar di maggior tempo di quello della durazione del congresso. Ma io non credo che i contradittori ricorressero al negar la giustezza de i computi astronomici, e massime avendo refugii più sicuri, quali sono quelli che io proposi nella prima lettera. E sì come a i molto periti nella scienza astronomica bastava l'aver inteso quanto scrive il Copernico nelle sue Revoluzionii per accertarsi del rivolgimento di Venere intorno al Sole e della verità del resto del suo sistema, così per quelli che intendono solamente sotto la mediocrità faceva di bisogno rimuovere le da me sopradette ritirate; delle quali io non veggo che Apelle; abbia toccate se non due, e quelle anco mi par che non restino totalmente atterrate.
Io dissi nella prima lettera, che gli avversarii potrebbono ritirarsi a dire, che Venere o non si vegga sotto 'l Sole per la sua piccolezza, o vero perché sia lucida per sé stessa, o vero perche ella sia sempre superiore al Sole.
Quello che Apelle produce per levar la prima fuga a i contradittori, non basta: perché loro primieramente negheranno che l'ombra di Venere sotto 'l Sole deva apparir così grande come la luce della medesima fuori del Sole ma vicina a quello, perché l'irradiazione ascitizia rappresenta la stella assai maggiore del vero; il che è manifesto nella istessa Venere, la quale quando è sottilmente falcata, ed in conseguenza per pochi gradi separata dal Sole, si mostra in ogni modo, alla vista naturale, rotonda come l'altre stelle, ascondendo la sua figura tra l'irradiazione del suo splendore, per lo che non si può dubitare che ella ci si mostri assai maggiore che se fosse priva di lume; ed all'incontro, costituita sotto 'l lucidissimo disco del Sole, non è dubbio che il suo corpicello tenebroso verrebbe diminuito non poco (dico quanto all'apparenza) dall'ingombramento del fulgor del Sole: e però resta molto fallace il concluder che ella fussi per apparir eguale alle macchie di mediocre grandezza. E chi sa che tali macchie, per doverci apparire nel campo splendido del Sole, non sieno molto maggiori di quello che mostrano? Anzi che pur di ciò può esser ottimo testimonio a sé stesso il medesimo Apelle, riducendosi in mente quello che scrisse nella terza delle prime lettere, al secondo corollario, cioè: «maculas satis magnas esse; alias Sol magnitudine sua illas irradiando penitus absorberet»: e l'istesso conviene affermar del corpo di Venere. Doppiamente, adunque, si può errare nell'agguagliar la grandezza di Venere luminosa a quella delle macchie oscure, poi che quanto questa vien apparentemente diminuita dal vero, mediante lo splendor del Sole, tanto quella vien ingrandita.
Galileo Galilei, Venere, Luna e Pianeti Medicei, e nuove apparenze di Saturno pag. 5/20
Lastra, Villa delle Selve, 1° dicembre 1612 pag. 5/20
Quanto alla maniera del dimostrare, trappasso che qualche astronomo più scrupoloso di me potrebbe risentirsi nel veder trattar archi di cerchi come se fossero linee rette, sottoponendogli a gli stessi sintomi: ma io non ne voglio tener conto, perché nel caso nostro particolare non cascano in uso archi così grandi, che l'error nel computo riesca poi di soverchio notabile.
Ma ammessa anco per esquisita tutta la dimostrazione di Apelle, io non però posso ancor penetrar interamente quello che egli abbia, in virtù di essa, preteso di ottenere da chi volesse persistere in negare la conversione di Venere intorno al Sole: perché, o gli avversarii ammetteranno per giusti i calcoli del Magini, o gli averanno per dubbii e fallaci; se gli hanno per dubbii, la fatica d'Apelle resta come inefficace, con dimostrando ella che Venere veramente venisse alla corporal congiunzione; ma se gli concedono per veri, non era necessario altro computo, bastando la sola differenza de i movimenti del Sole e della stella, insieme con la sua latitudine, presa dall'istesse Efemeridi, a intender come tal congiunzione doveva necessariamente durar tante ore, che molte e molte volte si poteva replicar l'osservazione. Né meno era necessariio il far triplicato esame sopra 'l principio mezo e fine del congresso, essendo notissimo che i calcoli sono aggiustati al mezo della congiunzione; li quali quando ammettessero errore, non però verrebbono necessariamente emendati dal riferirgli al principio o al fine del congresso, non constando ragion alcuna per la qual s'intenda non esser possibile in un calcolo d'una congiunzione errar di maggior tempo di quello della durazione del congresso. Ma io non credo che i contradittori ricorressero al negar la giustezza de i computi astronomici, e massime avendo refugii più sicuri, quali sono quelli che io proposi nella prima lettera. E sì come a i molto periti nella scienza astronomica bastava l'aver inteso quanto scrive il Copernico nelle sue Revoluzionii per accertarsi del rivolgimento di Venere intorno al Sole e della verità del resto del suo sistema, così per quelli che intendono solamente sotto la mediocrità faceva di bisogno rimuovere le da me sopradette ritirate; delle quali io non veggo che Apelle; abbia toccate se non due, e quelle anco mi par che non restino totalmente atterrate.
Io dissi nella prima lettera, che gli avversarii potrebbono ritirarsi a dire, che Venere o non si vegga sotto 'l Sole per la sua piccolezza, o vero perché sia lucida per sé stessa, o vero perche ella sia sempre superiore al Sole.
Quello che Apelle produce per levar la prima fuga a i contradittori, non basta: perché loro primieramente negheranno che l'ombra di Venere sotto 'l Sole deva apparir così grande come la luce della medesima fuori del Sole ma vicina a quello, perché l'irradiazione ascitizia rappresenta la stella assai maggiore del vero; il che è manifesto nella istessa Venere, la quale quando è sottilmente falcata, ed in conseguenza per pochi gradi separata dal Sole, si mostra in ogni modo, alla vista naturale, rotonda come l'altre stelle, ascondendo la sua figura tra l'irradiazione del suo splendore, per lo che non si può dubitare che ella ci si mostri assai maggiore che se fosse priva di lume; ed all'incontro, costituita sotto 'l lucidissimo disco del Sole, non è dubbio che il suo corpicello tenebroso verrebbe diminuito non poco (dico quanto all'apparenza) dall'ingombramento del fulgor del Sole: e però resta molto fallace il concluder che ella fussi per apparir eguale alle macchie di mediocre grandezza. E chi sa che tali macchie, per doverci apparire nel campo splendido del Sole, non sieno molto maggiori di quello che mostrano? Anzi che pur di ciò può esser ottimo testimonio a sé stesso il medesimo Apelle, riducendosi in mente quello che scrisse nella terza delle prime lettere, al secondo corollario, cioè: «maculas satis magnas esse; alias Sol magnitudine sua illas irradiando penitus absorberet»: e l'istesso conviene affermar del corpo di Venere. Doppiamente, adunque, si può errare nell'agguagliar la grandezza di Venere luminosa a quella delle macchie oscure, poi che quanto questa vien apparentemente diminuita dal vero, mediante lo splendor del Sole, tanto quella vien ingrandita.