ATTO SECONDO
SCENA DECIMA
Rubiccone, Brigida e Berto
RUB. |
Questa è troppa insolenza:
Ma con tale genia vi vuol pazienza. |
BRIG. |
Vi giuro, nell'udir tal vituperio
Mi si aveva scaldato il mesenterio. |
RUB. |
Mesenterio? Bravissima.
Siete erudita assai. |
BRIG. |
Serva umilissima. |
BER. |
Fate che, in grazia vostra,
Mi doni un cerottino.
Fatelo, e quattro mela anch'io vi dono. (a Brigida) |
BRIG. |
Talpa, selce, villan, non sai chi sono? |
BER. |
Uh uh, quanta superbia! Vostro padre,
Ch'ora è governator di Malmantile,
Nato è anch'egli villan nel mio cortile. |
BRIG. |
Oimè! quel temerario,
Quel mentitor, quell'uom senza rispetto,
Mi fa venir le convulsioni al petto. |
RUB. |
Presto, presto, uno spirito,
Che vi conforterà. |
BRIG. |
Povera nobiltà! Povera stirpe mia!
Povera e nuda vai, filosofia.
Insolente! (a Berto) Mi vien male.
Presto, presto, date qua. (chiede lo spirito a Rubiccone)
Con tal grazia me lo dà,
Che mi sento innamorar.
Villanaccio! Fatti in là. (a Berto)
Non lo posso sopportar.
Che bel garbo! che bel vezzo! (a Rubiccone)
Non ha pari, non ha prezzo
La sua bella civiltà.
Marchesino, - baroncino,
Bel contino, - ah che beltà!
Villanaccio, via di qua. (a Berto, e parte) |
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