Firenze, portico degli Uffizi
Arezzo 992 (circa) - Venezia 1050 (circa)
Teorico musicale ed inventore del tetagramma (il moderno pentagramma ha cinque righe) che rimpiazzò la notazione neumatica ( segni che indicavano uno o più suoni, riferiti alla nota o alle note da cantare su una stessa sillaba) dominante fino al suo tempo .
Monaco benedettino nell'Abbazia di Pomposa presso Ferrara, per diminuire la difficoltà mnemoniche e di apprendimento verso i canti Gregoriani ideò e adottò un metodo d'insegnamento nuovo, che lo rese famoso.
Trasferitosi in seguito ad Arezzo, città con una fiorente scuola di canto, si pose sotto la protezione del vescovo Tedaldo, a cui dedicò il Micrologus, trattato musicale tra i più conosciuti del Medio Evo, ed ebbe modo di proseguire gli studi fino alla codificazione della odierna notazione musicale.
Per comporre la scala musicale Guido d’Arezzo aveva usato le sillabe iniziali dei versi dell'inno a San Giovanni Battista
Inno a San Giovanni;
Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Iohannes
Traduzione:
affinché i tuoi servi possano cantare con voci libere le meraviglie delle tue azioni, cancella il peccato del loro labbro contaminato, oh san Giovanni.
A questo inno dobbiamo il nome delle note musicali tuttora in uso, ad eccezione di quella del Do, che Guido chiamava Ut
(nome ancora usato in altre lingue).
Nel Seicento Giovanni Battista Doni propose (per la nota Do) il nome attuale, derivato dalle prime due lettere del suo cognome.
Guido d’Arezzo inoltre regolamentò il modo di scrivere le note (notazione) definendone la posizione sulle righe e negli spazi del rigo musicale e proponendo un sistema unificato per la loro scrittura .
Data ultima modifica:
02 ottobre 2018
Guido Aretino (Guido Monaco )
Arezzo 992 (circa) - Venezia 1050 (circa)
Teorico musicale ed inventore del tetagramma (il moderno pentagramma ha cinque righe) che rimpiazzò la notazione neumatica ( segni che indicavano uno o più suoni, riferiti alla nota o alle note da cantare su una stessa sillaba) dominante fino al suo tempo .
Monaco benedettino nell'Abbazia di Pomposa presso Ferrara, per diminuire la difficoltà mnemoniche e di apprendimento verso i canti Gregoriani ideò e adottò un metodo d'insegnamento nuovo, che lo rese famoso.
Trasferitosi in seguito ad Arezzo, città con una fiorente scuola di canto, si pose sotto la protezione del vescovo Tedaldo, a cui dedicò il Micrologus, trattato musicale tra i più conosciuti del Medio Evo, ed ebbe modo di proseguire gli studi fino alla codificazione della odierna notazione musicale.
Per comporre la scala musicale Guido d’Arezzo aveva usato le sillabe iniziali dei versi dell'inno a San Giovanni Battista
Inno a San Giovanni;
Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Iohannes
Traduzione:
affinché i tuoi servi possano cantare con voci libere le meraviglie delle tue azioni, cancella il peccato del loro labbro contaminato, oh san Giovanni.
A questo inno dobbiamo il nome delle note musicali tuttora in uso, ad eccezione di quella del Do, che Guido chiamava Ut
(nome ancora usato in altre lingue).
Nel Seicento Giovanni Battista Doni propose (per la nota Do) il nome attuale, derivato dalle prime due lettere del suo cognome.
Guido d’Arezzo inoltre regolamentò il modo di scrivere le note (notazione) definendone la posizione sulle righe e negli spazi del rigo musicale e proponendo un sistema unificato per la loro scrittura .
Data ultima modifica:
02 ottobre 2018