La nascita del M.C.L.
L'8, il 9 e il 10 dicembre 1972 a Roma si tiene l'assemblea di riunificazione tra le due componenti (Mo.cli e Federacli) che abbandonarono le Acli per non aver condiviso le motivazioni, le prospettive e soprattutto i risvolti sul piano ecclesiale e sociale collegati alla “svolta socialista”: nacque così il Movimento Cristiano Lavoratori (Mcl).
Il patto unitario prevede la costituzione di una Associazione organizzata nel nome Cristiano, con un rapporto organico con la Chiesa; un Movimento unitario di Lavoratori Cristiani operante nel sociale attraverso il criterio della formazione cristiana e la promozione integrale del lavoratore e della sua famiglia.
Tra i fautori dell'iniziativa e fondatori dell'Mcl ci furono Giovanni Bersani, Vittoria Rubbi e Carlo Borrini.
Per moltissimi anni dirigente nazionale delle Acli (e anche di Confcooperative), Borrini è stato fra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 uno dei maggiori artefici del chiarimento avvenuto all'interno dell'organizzazione dei lavoratori cristiani in quegli anni difficili.
Fondò, in una tre giorni dal 30 ottobre al 1° novembre 1971 il Mo.cli, di cui ne fu il leader per poi fondare insieme a Giovanni Bersani, appunto, il Movimento Cristiano Lavoratori, venendone poi eletto, per il primo biennio, copresidente nazionale.
In un passo del suo intervento a quell'Assemblea Costituente Borrini parlò di «contrasto fra due culture.
O meglio, contrasto fra la nostra genuina cultura e l'incultura di chi - forte della presunzione intellettualistica di possedere il crisma di una verità assoluta non suscettibile di essere messa in discussione -, finiva con il considerare inutile e improponibile ogni dialogo con chi la pensava diversamente.
A pensarla diversamente eravamo noi, per di più costretti a reagire all'atteggiamento di intolleranza e di chiusura di cui eravamo oggetto con il ricorso a forma autonome organizzate di presenza e di iniziative».
A quel tempo il presidente provinciale Mo.CLI di Firenze era Ezio Burberi: lui fu uno dei fondatori a livello nazionale del Mo.cli prima e dell'Mcl poi, presente proprio a quell'assemblea del dicembre 1972.
«In tutta la provincia di Firenze, che all'epoca comprendeva anche Prato, ci seguì nel nuovo movimento circolistico – ci ha detto Ezio Burberi, che ancora oggi si conserva in forma e con buona memoria – la stragrande maggioranza: il
Il patto unitario prevede la costituzione di una Associazione organizzata nel nome Cristiano, con un rapporto organico con la Chiesa; un Movimento unitario di Lavoratori Cristiani operante nel sociale attraverso il criterio della formazione cristiana e la promozione integrale del lavoratore e della sua famiglia.
Tra i fautori dell'iniziativa e fondatori dell'Mcl ci furono Giovanni Bersani, Vittoria Rubbi e Carlo Borrini.
Per moltissimi anni dirigente nazionale delle Acli (e anche di Confcooperative), Borrini è stato fra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 uno dei maggiori artefici del chiarimento avvenuto all'interno dell'organizzazione dei lavoratori cristiani in quegli anni difficili.
Fondò, in una tre giorni dal 30 ottobre al 1° novembre 1971 il Mo.cli, di cui ne fu il leader per poi fondare insieme a Giovanni Bersani, appunto, il Movimento Cristiano Lavoratori, venendone poi eletto, per il primo biennio, copresidente nazionale.
In un passo del suo intervento a quell'Assemblea Costituente Borrini parlò di «contrasto fra due culture.
O meglio, contrasto fra la nostra genuina cultura e l'incultura di chi - forte della presunzione intellettualistica di possedere il crisma di una verità assoluta non suscettibile di essere messa in discussione -, finiva con il considerare inutile e improponibile ogni dialogo con chi la pensava diversamente.
A pensarla diversamente eravamo noi, per di più costretti a reagire all'atteggiamento di intolleranza e di chiusura di cui eravamo oggetto con il ricorso a forma autonome organizzate di presenza e di iniziative».
A quel tempo il presidente provinciale Mo.CLI di Firenze era Ezio Burberi: lui fu uno dei fondatori a livello nazionale del Mo.cli prima e dell'Mcl poi, presente proprio a quell'assemblea del dicembre 1972.
«In tutta la provincia di Firenze, che all'epoca comprendeva anche Prato, ci seguì nel nuovo movimento circolistico – ci ha detto Ezio Burberi, che ancora oggi si conserva in forma e con buona memoria – la stragrande maggioranza: il
93% dei circoli Acli non condivise la linea del congresso nazionale delle Acli di Torino e con me, quindi, iniziammo questa nuova esperienza».
Importante in quel periodo anche il ruolo svolto da due concittadini di Lastra a Signa: Gino Guazzini e Mario Salani, tutt'ora dirigente del Mcl fiorentino.
In quell'assemblea fondativa Giovanni Bersani, ebbe a dire «La crisi aveva ed ha radici essenzialmente religiose: il prevalere di una concezione orizzontale, in una concezione impregnata di secolarismo, ha fatalmente messo in crisi la dimensione verticale, compromettendo la formazione, incrinando le basi etico-religiose, ricercando la liberazione da rapporti speciali con la Comunità ecclesiale, concedendo spazio privilegiato a forme globali di contestazione all'azione sociale propria del Movimento».
E ancora, sosteneva Giovanni Bersani, a dimostrazione che il momento politico aveva seguito e non proceduto quello religioso: «la crisi si è poi allargata ai contenuti più propriamente ideologici partendo dalla sostanziale contestazione del magistero sociale della Chiesa per arrivare, attraverso ampie contaminazioni marxiste, alla concezione politica dell'Associazione, allo sbocco socialista, alla concezione populista e radicale del movimento operaio, alla accettazione della classe come entità ontologica.
Importante in quel periodo anche il ruolo svolto da due concittadini di Lastra a Signa: Gino Guazzini e Mario Salani, tutt'ora dirigente del Mcl fiorentino.
In quell'assemblea fondativa Giovanni Bersani, ebbe a dire «La crisi aveva ed ha radici essenzialmente religiose: il prevalere di una concezione orizzontale, in una concezione impregnata di secolarismo, ha fatalmente messo in crisi la dimensione verticale, compromettendo la formazione, incrinando le basi etico-religiose, ricercando la liberazione da rapporti speciali con la Comunità ecclesiale, concedendo spazio privilegiato a forme globali di contestazione all'azione sociale propria del Movimento».
E ancora, sosteneva Giovanni Bersani, a dimostrazione che il momento politico aveva seguito e non proceduto quello religioso: «la crisi si è poi allargata ai contenuti più propriamente ideologici partendo dalla sostanziale contestazione del magistero sociale della Chiesa per arrivare, attraverso ampie contaminazioni marxiste, alla concezione politica dell'Associazione, allo sbocco socialista, alla concezione populista e radicale del movimento operaio, alla accettazione della classe come entità ontologica.
Ciò ha poi largamente influenzato tutta la prassi, in un comportamento massimalista e mimetico in cui sono andati compromessi connotati sostanziali del movimento operaio cristiano».
Da allora il Mcl si è sempre impegnato per affermare i principi cristiani nella vita, nella cultura, negli ordinamenti e nella legislazione; esso è un Movimento di lavoratori cristiani fortemente caratterizzato dall'impegno sociale, dalla solidarietà e volontariato e tutto senza fine di lucro.
Per questo opera come Movimento ecclesiale di testimonianza evangelica organizzata ed in fedeltà agli orientamenti del Magistero della Chiesa, consapevole di un suo specifico ruolo nella società e unisce nell'applicazione della Dottrina Sociale della Chiesa secondo l'insegnamento del suo Magistero, ravvisano il fondamento e la condizione per un rinnovato ordinamento sociale, in cui siano assicurati, secondo giustizia, il riconoscimento dei diritti e la soddisfazione delle esigenze spirituali e materiali dei lavoratori.
Il tempo trascorso dal 1972 non ha ricomposto le sigle anche se è venuto meno il clima di ostilità dei primi momenti. Entrambe le associazioni hanno intrapreso un cammino di grande impegno e di reciproco riconoscimento nell'agire, ognuna secondo la propria sensibilità, nel sociale.
Nell'introduzione al Seminario Nazionale dei Giovani Mcl di Camposilvano di Vallarsa (Tn), del 9 settembre 2005, il Segretario nazionale Mcl Antonio Inchingoliha dice «Voglio inquadrare questo mio intervento in una visione propositiva a decorrere dalla costituzione del nostro Movimento lasciando alle spalle quello che può aver fatto soffrire, ma cogliendo piuttosto quanto di buono e di bello ha rappresentato la nostra esperienza associativa.
Per intenderci voglio tralasciare quelle note polemiche che ci portarono ad uscire dalle Acli.
Convinto più che mai che la nostra scelta è stata di sicuro una scelta di coraggio ma ancor più di coerenza ai principi fondamentali della nostra ispirazione cristiana.
Le Associazioni che dal 1972 danno vita ad un'unica organizzazione, il Mcl, con il suo costante impegno ecclesiale e sociale hanno testimoniato negli anni e sempre più, la volontà di tanti uomini, donne e giovani di vivificare il recupero della propria natura, della propria identità, e dei principi originari dell'antica e comune genuina matrice.
La nascita del Mcl – continua Antonio Inchingoliha – è stato un avvenimento di indubbia incidenza nell'ambito della società italiana dove il processo di riaggregazione di lavoratori cristiani (Mo.cli e Federacli) si è svolto nella chiarezza programmatica e ideologica, anche perché non va dimenticata quella famosa triplice fedeltà, sancita nella prima fase costituenda e ribadita proprio nelle dichiarazioni di principio della Costituzione statutaria, ovvero: fedeltà alla Chiesa, alla democrazia, al mondo del lavoro.
Oggi, dopo circa trentacinque anni di coerente impegno, possiamo affermare, senza ombra di dubbio, che il Mcl risulta essere un polo di riferimento per circa trecentomila lavoratori (quelli iscritti) ma di oltre cinquecentomila se consideriamo il “sommerso” che abbraccia il Movimento.
Questa non è prosopopea, non è presunzione, ma è la felice realtà.
Tutto ciò, ovviamente, non deve significare autoelevazione e compiacimento di se stessi, ma la convinzione per proseguire un percorso inarrestabile sulla scia del passato e la vocazione per il futuro impegno che troverà conferma nella celebrazione del X Congresso di inizio dicembre e che deve essere più determinante e determinato a ribadire che il nostro contributo è di notevole utilità alla società.
L'esperienza, l'impegno e la storia delineata sono la prova che le misere riserve di “pochi”, nei nostri confronti, nella fase in cui venne a costituirsi il Mcl, erano infondate.
Premessa indispensabile per lo svolgimento di iniziative di programma di attività sono le tradizionali strutture di base (circoli e nuclei) nonché unioni provinciali e regionali nell'ambito di tutto il territorio nazionale, oltre che il creare significative e qualificate bandiere di presenza a livello internazionale, specie fra gli italiani all'estero.
Ma voglio dare una rilettura del nostro essere “Movimento” anche come esperienza vissuta.
Da allora il Mcl si è sempre impegnato per affermare i principi cristiani nella vita, nella cultura, negli ordinamenti e nella legislazione; esso è un Movimento di lavoratori cristiani fortemente caratterizzato dall'impegno sociale, dalla solidarietà e volontariato e tutto senza fine di lucro.
Per questo opera come Movimento ecclesiale di testimonianza evangelica organizzata ed in fedeltà agli orientamenti del Magistero della Chiesa, consapevole di un suo specifico ruolo nella società e unisce nell'applicazione della Dottrina Sociale della Chiesa secondo l'insegnamento del suo Magistero, ravvisano il fondamento e la condizione per un rinnovato ordinamento sociale, in cui siano assicurati, secondo giustizia, il riconoscimento dei diritti e la soddisfazione delle esigenze spirituali e materiali dei lavoratori.
Il tempo trascorso dal 1972 non ha ricomposto le sigle anche se è venuto meno il clima di ostilità dei primi momenti. Entrambe le associazioni hanno intrapreso un cammino di grande impegno e di reciproco riconoscimento nell'agire, ognuna secondo la propria sensibilità, nel sociale.
Nell'introduzione al Seminario Nazionale dei Giovani Mcl di Camposilvano di Vallarsa (Tn), del 9 settembre 2005, il Segretario nazionale Mcl Antonio Inchingoliha dice «Voglio inquadrare questo mio intervento in una visione propositiva a decorrere dalla costituzione del nostro Movimento lasciando alle spalle quello che può aver fatto soffrire, ma cogliendo piuttosto quanto di buono e di bello ha rappresentato la nostra esperienza associativa.
Per intenderci voglio tralasciare quelle note polemiche che ci portarono ad uscire dalle Acli.
Convinto più che mai che la nostra scelta è stata di sicuro una scelta di coraggio ma ancor più di coerenza ai principi fondamentali della nostra ispirazione cristiana.
Le Associazioni che dal 1972 danno vita ad un'unica organizzazione, il Mcl, con il suo costante impegno ecclesiale e sociale hanno testimoniato negli anni e sempre più, la volontà di tanti uomini, donne e giovani di vivificare il recupero della propria natura, della propria identità, e dei principi originari dell'antica e comune genuina matrice.
La nascita del Mcl – continua Antonio Inchingoliha – è stato un avvenimento di indubbia incidenza nell'ambito della società italiana dove il processo di riaggregazione di lavoratori cristiani (Mo.cli e Federacli) si è svolto nella chiarezza programmatica e ideologica, anche perché non va dimenticata quella famosa triplice fedeltà, sancita nella prima fase costituenda e ribadita proprio nelle dichiarazioni di principio della Costituzione statutaria, ovvero: fedeltà alla Chiesa, alla democrazia, al mondo del lavoro.
Oggi, dopo circa trentacinque anni di coerente impegno, possiamo affermare, senza ombra di dubbio, che il Mcl risulta essere un polo di riferimento per circa trecentomila lavoratori (quelli iscritti) ma di oltre cinquecentomila se consideriamo il “sommerso” che abbraccia il Movimento.
Questa non è prosopopea, non è presunzione, ma è la felice realtà.
Tutto ciò, ovviamente, non deve significare autoelevazione e compiacimento di se stessi, ma la convinzione per proseguire un percorso inarrestabile sulla scia del passato e la vocazione per il futuro impegno che troverà conferma nella celebrazione del X Congresso di inizio dicembre e che deve essere più determinante e determinato a ribadire che il nostro contributo è di notevole utilità alla società.
L'esperienza, l'impegno e la storia delineata sono la prova che le misere riserve di “pochi”, nei nostri confronti, nella fase in cui venne a costituirsi il Mcl, erano infondate.
Premessa indispensabile per lo svolgimento di iniziative di programma di attività sono le tradizionali strutture di base (circoli e nuclei) nonché unioni provinciali e regionali nell'ambito di tutto il territorio nazionale, oltre che il creare significative e qualificate bandiere di presenza a livello internazionale, specie fra gli italiani all'estero.
Ma voglio dare una rilettura del nostro essere “Movimento” anche come esperienza vissuta.
L'ispirazione primaria del Mcl corrisponde alle scelte per cui questo ci si è battuti con forte convinzione, anche nei momenti difficili in cui avanzavano in Italia (e nel movimento cattolico internazionale) tendenze “pastoralmen- te” non compatibili e forse anche non coerenti con la comunità ecclesiale.Il Mcl nasce come Movimento insieme ecclesiale e sociale. L'aggettivazione cristiana qualifica l'associazione come tale (oltre che le ispirazioni ideali di singoli, e non soltanto), mentre il riferimento ai lavoratori individua la natura sociale del Movimento.Il Mcl riconosce come punti insostituibili di riferimento per una responsa- bile presenza negli ambienti di lavoro e di vita il messaggio cristiano, come viene proposto dalla Dottrina Sociale e dal Magistero dei Pontefici e dalla Chiesa (a tale proposito sarebbe opportuno, salvo che sia già stato fatto, munirsi sia del compendio della Dottrina Sociale della Chiesa che del com- pendio del catechismo della Chiesa cattolica).
Il Mcl, d'altro canto, ha sempre manifestato la volontà di avere un rapporto con la Chiesa conforme ad una collocazione di tipo ecclesiale e la conseguente disponibilità ad operare nell'ecclesiale e nel contesto pastorale organico della Chiesa e del Mondo del lavoro, assumendo – con essenziale responsabilità di laici – caratteri e comportamenti operativi propri di un Movimento soggetto di apostolato.
Il Mcl, non va dimenticato o sottovalutato ma ribadito, che nasce in un contesto autonomo di scelte oltre che di impegno sociale e politico.
La nostra fu davvero una scelta autonoma e responsabile che ha saputo discernere gli eventi ogni qualvolta sono stati messi in gioco principi e valori cristiani oltre che civili e sociali, sapendo riconoscere ad esempio alla DC i meriti dovuti per l'azione ed il ruolo svolti per la promozione e la difesa di equilibri democratici nel nostro Paese e a livello internazionale ed europeo in primo luogo.
Ma sempre negli anni '70, nel mondo cattolico, o meglio in qualche associazione, emergeva una concezione in un certo senso “modernista” e riduttiva della ispirazione cristiana, forse per effetto di una visione oltranzista, si batteva – ad esempio – per un'unità sindacale ad ogni costo, fino ad assecondare talune opinioni tendenti a considerarla come una specie di anticamera dell'unità politica, in prospettiva partitica di due ideologie: quella cristiana e quella marxiana o socialista.
Noi del Mcl, invece, abbiamo sempre considerato l'unità sindacale come un obiettivo ideale per cui operare e favorire il realizzarsi delle condizioni che possono renderla possibile, prima fra tutte la fine di ogni finzione di “cinghia di trasmissione” nel sociale, delle scelte partitiche.
Abbiamo sempre sottolineato con coraggio, e comunque con estrema chiarezza, che esistevano – come esistono ancora e oggi sempre di più – difficoltà per realizzare l'obiettivo di una fantomatica unità sindacale: dopo quest'oltre trentennio il Mcl ribadisce quello che si è delineato negli anni ‘70: “è stato profetico allora e lo sarà ancora per il futuro”. La realtà è davanti ai nostri occhi».
Il Mcl, non va dimenticato o sottovalutato ma ribadito, che nasce in un contesto autonomo di scelte oltre che di impegno sociale e politico.
La nostra fu davvero una scelta autonoma e responsabile che ha saputo discernere gli eventi ogni qualvolta sono stati messi in gioco principi e valori cristiani oltre che civili e sociali, sapendo riconoscere ad esempio alla DC i meriti dovuti per l'azione ed il ruolo svolti per la promozione e la difesa di equilibri democratici nel nostro Paese e a livello internazionale ed europeo in primo luogo.
Ma sempre negli anni '70, nel mondo cattolico, o meglio in qualche associazione, emergeva una concezione in un certo senso “modernista” e riduttiva della ispirazione cristiana, forse per effetto di una visione oltranzista, si batteva – ad esempio – per un'unità sindacale ad ogni costo, fino ad assecondare talune opinioni tendenti a considerarla come una specie di anticamera dell'unità politica, in prospettiva partitica di due ideologie: quella cristiana e quella marxiana o socialista.
Noi del Mcl, invece, abbiamo sempre considerato l'unità sindacale come un obiettivo ideale per cui operare e favorire il realizzarsi delle condizioni che possono renderla possibile, prima fra tutte la fine di ogni finzione di “cinghia di trasmissione” nel sociale, delle scelte partitiche.
Abbiamo sempre sottolineato con coraggio, e comunque con estrema chiarezza, che esistevano – come esistono ancora e oggi sempre di più – difficoltà per realizzare l'obiettivo di una fantomatica unità sindacale: dopo quest'oltre trentennio il Mcl ribadisce quello che si è delineato negli anni ‘70: “è stato profetico allora e lo sarà ancora per il futuro”. La realtà è davanti ai nostri occhi».