Diari lastrigiani Dicevamo dei circoli...     Ieri e oggi anche a Lastra a Signa

Il dopo scissione dal 1994


Il diciannovesimo Congresso nazionale delle Acli (Chianciano, 8/11 dicembre 1993) è straordinario e vuole aprire un “biennio costituente”, rifondante.

È anche un Congresso di riflessione sulla storia delle Acli e sulla necessità di saper guardare alle nuove condizioni storiche rimanendo fedeli alle tre fedeltà: classe lavoratrice, Chiesa, democrazia, affermate da Dino Pennazzato il primo maggio di quarant'anni prima.

Il presidente Giovanni Bianchi avverte la novità di una crisi che colpisce strati sociali che avevano superato le antiche fratture ma che ora ritornano a dare forti segnali di dissenso e di inquietudine.

La crisi è politica: si cerca il confronto tra un riformismo di centro ed uno di destra e si rischia invece una involuzione in senso antidemocratico, derivante dalla radicalizzazione di posizioni populistiche e neo-autoritarie.

Ciò coincide con la scomparsa dalla scena politica di alcuni partiti e dall'incapacità degli altri, legati alla storia della prima Repubblica, di avere in se stessi forze e capacità programmatica sufficienti per affrontare la situazione.

Dai governi di coalizione, che legittimano le forze politiche all'interno della democrazia, si passa ai “cartelli” e lo scontro si sposta dai partiti al paese. In questa nuova sede, che coinvolge le singole persone, non c'è più disponibilità a correre ragionevoli rischi a favore della solidarietà.

Occorre formare, quindi, un ampio cartello democratico e progressista, nella nuova democrazia bipolare, nel quale collocare una originale ed autonoma presenza organizzata cattolico-democratica.

Il ruolo delle Acli?

Ricostituirsi come un grande villaggio, in cui il modello associativo sia quello dell'ospitalità, della relazione, della comunicazione.

Lavorare quindi per evitare la distruzione delle basi democratiche della convivenza civile.

Questi obiettivi conferiscono il carattere di straordinarietà a questo diciannovesimo Congresso delle Acli nazionali.

Con Giovanni Bianchi alla presidenza, le Acli entrano nella fase che è a noi contemporanea.

La società è politicamente, socialmente ed organizzativamente, in rapida evoluzione e più che mai viene chiesto alle Acli di non perdere quella capacità di discernimento e di analisi che più volte l'hanno posta in grado di anticipare le evoluzioni sociali e quindi di essere pronta e preparata ad affrontarle.

Sono anni che vedono un cambiamento del modo di fare politica ed anche delle strutture politiche.

Dal partito dirigista e controllore, che però lavorava, anche se si può discutere su metodi e risultati, per il bene comune, si va verso movimenti spontanei, occasionali e addirittura verso forme di partito-azienda, quasi che il profitto dello Stato non sia più l'arricchimento, in senso lato, dei cittadini, ma sia quello di se stesso o di lobbies di cittadini.

Pertanto c'è l'urgenza di riproporre la formazione politica, perché la crisi dei partiti ha tolto loro questo ruolo, senza che altri abbiano raccolto il testimone.

C'è sia una generale regressione del linguaggio politico, ridotto a slogan di facciata privi di contenuto, sia una incapacità a leggere la storia.

Il mondo del lavoro è in rapida evoluzione, con la crisi, non generalizzabile, della grande fabbrica, la parcellizzazione, la frammentazione del lavoro, il telelavoro, la necessità di una continua formazione che consenta ai lavoratori di potere rimanere costantemente inseriti nel mondo del lavoro e l'evoluzione è così rapida e diversificata che l'aggiornamento del lavoratore non può più avvenire, come un tempo, all'interno dell'azienda, ma esige di essere curato in luoghi specializzati ed in tempi dedicati, siano essi tolti al lavoro o complementari ad esso.

Si fanno i conti con gli impatti, negativi e positivi, della globalizzazione dei mercati, che fa scendere i costi ma crea nuove incertezze dovute sia al trasferimento del lavoro in paesi più interessanti dal punto di vista dei costi di produzione, sia all'assorbimento, da parte dei paesi industrializzati, di forza lavoro intellettuale e specializzata, proveniente da paesi meno sviluppati e quindi disponibile a costi più appetibili.

Questo è un altro fattore che spinge alla costante riconversione del lavoratore, per non parlare della sua mobilità nello spazio, che è conseguente alla migrazione del lavoro in zone che possono anche non coincidere con quelle di appartenenza del lavoratore.

Alla globalizzazione dell'economia e del mercato si contrappone la tendenza alle autonomie locali, dovute al desiderio di mantenere la propria identità di fronte alla spersonalizzazione indotta dai processi di globalizzazione, ma che cela anche l'egoistico desiderio di congelare situazioni favorevoli, quando non si tratti addirittura di esaltare qualche farneticante teoria di superiorità culturale, etnica o razziale.

Le frontiere si aprono e l'immigrazione è sempre più pressante, talora drammatica, spesso mal tollerata.

Contrarre la disponibilità all'accoglienza porterebbe però all'isolamento ed a possibili soluzioni ben più traumatiche di un drammatico problema reale: la povertà.

Il terzo settore, quello del non-profit, avanza diversificandosi nelle esperienze con cui esso, anche in area cattolica, viene vissuto.

Non va quindi perso di vista che questa organizzazione del lavoro deve essere al servizio del bene comune - è nata per questo - e non di comunità che si riuniscono a formare delle lobbies.

E' quindi opportuno ricordare che "uno dei benefici effetti dell'im- mergersi delle Acli nella realtà del terzo settore dovrebbe essere quello di rendere i servizi meno legati alle esigenze di carattere politico o di sot- togoverno, rafforzando la proposta del movimento non attraverso con- trattazioni politiche al ribasso, ma attraverso l'autorevolezza derivante dalla qualità dei servizi".
La scuola e la sanità sono in profonda trasformazione e lo Stato rischia di perdere gradualmente quella funzione "paterna" che gli permetteva di accompagnare e sostenere ogni cittadino dalla nascita alla morte.

La concorrenza del privato può avere effetti benefici, ma il privato non può sostituirsi allo Stato, pena il rischio di limitare a pochi, scelti in base a criteri discriminanti, i servizi che prima erano di tutti ed uguali per tutti.

Questi sono i temi che incombono quando, alla fine del 1993, Giovanni Bianchi si presenta come candidato alle politiche nelle file del neonato Partito Popolare Italiano, e quindi lascia la presidenza delle Acli nazionali.

A lui succede, il 4 marzo 1994, Franco Passuello, già vicepresidente nazionale.

Il ventesimo Congresso nazionale delle Acli (Napoli, 28/31  marzo1996) vede le Acli inserirsi nell'alveo delle grandi sfide sociali contemporanee con la promozione di un progetto sullo sviluppo sociale fondato sulle risorse che la società civile esprime.

L'esperienza del "terzo settore" è fondamentale e viene posto in rilievo come il "mutualismo popolare" ne sia la radice storica.

Uno dei punti chiave della proposta delle Acli è la collaborazione tra terzo settore ed Enti locali per far nascere dal basso e crescere un "welfare municipale".

A "Mutualismo municipale e welfare state municipale: una svolta di fine secolo" viene dedicato un Convegno nazionale, a Milano, dal 22 al 24 novembre 1996.

Nel novembre 1998 Franco Passuello assume la guida della Segreteria Organizzativa dei Democratici di Sinistra ed a lui succede, il 29 dicembre, Luigi Bobba, già vice presidente delle Acli nazionali.

Luigi Bobba guida le Acli al ventunesimo Congresso nazionale, che si tiene nell'anno giubilare ed inizia a Milano, il 31 marzo, per poi proseguire a Bruxelles l'1 ed il 2 aprile.

È  il primo Congresso che si svolge all'estero e si ispira ai grandi temi del lavoro e della solidarietà, radici dell'economia civile, sulla spinta dello slogan "osare il futuro per la nuova Europa".

C'è nelle Acli la consapevolezza d'essere ormai chiamate a rappresentare l'Europa, non più quella degli emigranti ma quella dei cittadini europei.

L'Europa va costruita democratica e solidale, va allargata, riformata, in modo che sia realmente l'Europa dei cittadini.

Le nuove tecnologie informatiche devono partire da una società fondata sulla "conoscenza" e la "new economy" deve svilupparsi in senso sociale.

Nella sua relazione Luigi Bobba sottolinea cinque buone ragioni per continuare, in Europa, a fare le Acli: una ragione d'ordine spirituale: testimoniare, senza perifrasi, che non ci si vergogna del Vangelo; una ragione d'ordine educativo: seminare per orientare verso scopi di bene comune; una ragione d'ordine culturale: essere sentinelle per avvistare i cambiamenti, individuare i rischi e le opportunità, segnare i percorsi da compiere;
Una ragione d'ordine sociale: vivere da "mediano", cioè nel mezzo, per mediare tra l'individuo e il leader; una ragione d'ordine esistenziale: il lavoro, che è poi la radice della missione delle Acli.

La tutele e la promozione del lavoro non passano più solo per la ridistribuzione del reddito e la protezione.

Oggi passano anche attraverso un'effettiva possibilità di accesso ai saperi, alle conoscenza, alle tecnologie.

Qui è necessario ricavare ampie nicchie di tempo disponibile per i lavoratori.

Qual è allora il mestiere delle Acli nel terzo millennio?

Fare formazione, organizzare l'azione sociale, promuovere servizi.

Luigi Bobba esce da questo Congresso confermato nella carica di presidente delle Acli nazionali.

Nel 2004 si celebra a Torino il ventiduesimo Congresso delle Acli nazionali.

Luigi Bobba è confermato presidente.

La sfida al nuovo millennio avviene con queste consapevolezze: l'importante ringiovanimento della classe dirigente, su tutto il territorio, testimonia della vitalità ed attualità del Movimento, soprattutto dal punto di vista formativo.

Le Acli hanno assunto forza e credibilità su scenari che vanno al di là di quelli nazionali e ciò significa che le intuizioni del Congresso di Bruxelles erano esatte: l'Europa è tutt'altro che un mito astratto, ma l'unico orizzonte possibile per costruire un mondo socialmente giusto e sostenuto da un profondo senso di responsabilità civica.

La ricerca dell'autonomia è stata essenziale per agire come sentinelle della società civile italiana e lavorare assieme agli altri soggetti della società civile organizzata, alle forze sindacali, politiche e alle istituzioni.

La riaffermazione della laicità del Movimento, alla luce della comunità ecclesiale, è la garanzia per prendere le distanze da ogni radicalismo e per lavorare assieme non solo a chi con noi condivide la fede, ma anche con tutti i nostri compagni di viaggio, con la consapevolezza che l'unico modo per annunciare la fede è testimoniarla.

Nel 2006 Luigi Bobba si presenta candidato al Senato per le Politiche con La Margherita.

Lascia pertanto la Presidenza delle Acli nazionali.

Gli subentra Andrea Olivero che conduce le Acli verso il ventitreesimo Congresso, in uno scenario politico e sociale quanto mai difficile e imprevedibile.

Nel maggio 2008, poche settimane dopo le elezioni politiche, Andrea Olivero è rieletto, pressoché all'unanimità, presidente.

Il congresso, nato all'insegna della migrazione dal Novecento per entrare con la testa e con il cuore nel XXI secolo e per allargare i confini della azione sociale aclista, lo vedrà proporre, quali grandi sfide del XXI secolo e linee di azione per il quadriennio futuro, il riconoscimento della presenza associativa nei territori, intesi come luoghi nei quali le persone sono presenti con tutte le contraddizioni e tutta la vitalità, presenza che dovrà assumere la matrice del radicamento nel territorio, del parlare con il fare concrete azioni sociali e della cura nelle relazioni e nello stile con cui si vive e si opera nella società.










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