K. Blixen, Il pranzo di Babette
in Capricci del destino, Feltrinelli, 1998, pp. 35-36
Quando tutti si furono seduti, i membri anziani della Congregazione ringraziarono il Signore con le parole dello stesso decano:
Possa il mio cibo nutrire il mio corpo,
possa il mio corpo sostenere la mia anima,
possa la mia anima in atti ed in parole
render grazie al Signore per ogni cosa.
Alla parola "cibo" gli ospiti, con le loro vecchie teste chine sulle mani giunte, ricordarono che s'erano giurati di non pronunciar parola su quell'argomento, e in cuor loro rafforzano il voto: non gli avrebbero neppure dedicato un pensiero!
Erano seduti a mensa, è vero, come si erano seduti i convitati alle nozze di Cana.
E la grazia avevo scelto di manifestarsi qui, nel vino stesso, in pienezza come ovunque. [...]
Niente di ciò che accadde più tardi nella serata può essere riferito qui in modo preciso.
Nessuno degli ospiti ne serbò, poi, un chiaro ricordo.
Sapevano soltanto che le stanze si erano ricolmate di luce celeste, come se innumerevoli piccoli aloni si fossero mischiati in un'unica e radiosa luce di gloria.
Vecchi taciturni ricevettero il dono della parola, orecchi che per tanti anni erano stati quasi sordi si aprirono per ascoltarla.
Il tempo stesso era diluito nell'eternità.
Molto dopo la mezzanotte le finestre di quella casa brillavano come oro, e canti dorati ne sgorgavano fuori nell'aria invernale.
Fabiola Bini
Letizia Frattuzzi
Cristina Gallerini
Anna Vassallo