Savonarola - L'esecuzione
In una piazza colma di popolo, i tre giunsero al primo tribunale presieduto da Benedetto Paganotti, vescovo ausiliario di Vasona e già frate di S. Marco. (Mandato dal papa a degradare Savonarola, pena la privazione del vescovado.)
I tre frati furono rivestiti del loro abito, poi degradati, e infine di nuovo spogliati; gli vennero rasati anche le mani, il volto e la testa, a simboleggiare la perdita della tonsura e del crisma con cui erano stati unti quando ordinati sacerdoti.
Alla degradazione, il vescovo al cospetto di Savonarola sbagliò la formula, e invece di separarlo dalla sola chiesa militante, (in quanto eretico) aggiunse anche la trionfante. (Coloro che godono in cielo il premio della loro vittoria.)
Savonarola lo corresse: militante, la trionfante non spetta a te...
Ceduti al braccio secolare, vennero poi condotti dinanzi ai Commissari Apostolici, ove udirono la sentenza letta dal Remolines, che li dichiarava scismatici ed eretici.
Al termine aggiunse poi: alla santità di nostro signore piace liberarvi dalle pene del purgatorio, dandovi la plenaria indulgenza dei vostri peccati, restituendovi alla pristina innocenza. Volete voi accettarla?
I tre piegarono il capo in cenno d’assenso.
Si trovarono infine innanzi al tribunale del Gonfaloniere e degli Otto, che lessero la sentenza e deliberarono ...che ciascuno dei tre frati venga sospeso al patibolo e poi bruciato; acciò le anime sieno separate dai corpi.
Dal tribunale degli Otto correva un palco ad altezza d’uomo, verso il Tetto dei Pisani (oggi al suo posto vi è l’ottocentesco palazzo delle Assicurazioni Generali) all’estremità del quale s’innalzava un grosso palo, traversato in cima da un altro, che veniva a formare una croce.
La Signoria lo scorciò per non richiamare quell’immagine...inutilmente.
Vi pendevano tre lacci e tre catene per sostenere i cadaveri mentre bruciavano.
Ai piedi del palco vi erano ammassate materie infiammabili; guardie tenevano a distanza la gente intorno.
Salì per primo alla forca fra’ Silvestro, poi fra’ Domenico; in ultimo fra’ Girolamo, recitando il Credo e porgendo il capo al capestro senza dire una parola.
Mentre quei corpi pendevano, il volto rivolto verso il palazzo, fu acceso il fuoco perché si consumassero; erano le ore 10.
La Signoria, per evitare ogni forma di venerazione popolare, fece raccogliere e disperdere le ceneri in Arno.
Si avverò così la profezia del Savonarola commentando il Salmo Expectans expectavi nel 1491: “Andranno gli empi al santuario, con le scure e col fuoco le porte spezzeranno e abbruceranno, e piglieranno gli uomini giusti e nel luogo principale della città li abbruceranno; e quello che non consumerà il fuoco e non porterà via il vento, gitteranno nell’acqua.”
Giuseppe Simoncini 27/agosto/2020
************************************
(s’innalzava un grosso palo) Sul luogo del bruciamento Cosimo I fece costruire fra il 1560 e il 1565 la fontana dall’Ammannati, conosciuta come Il Biancone; i nuovi “piagnoni” posero poco più lontano un tondo di bronzo a bassorilievo col profilo del Savonarola, sul quale ogni anno, il 23 maggio, facevano in suo ricordo “La fiorita”.
Il tondo fu sostituito (è conservato nel museo di S. Marco) da uno di marmo con iscrizione, quando sulla piazza nel 1930 si giocò la partita di calcio storico.
Dal 1952 con l’amministrazione La Pira, alla fiorita fu fatta precedere nella Cappella dei Priori nella torre di Arnolfo, una messa in cui veniva letta la preghiera del Savonarola.
Data ultima modifica:
05 ottobre 2020